Un appello forte alla mobilitazione ed all’unità del partito in vista delle battaglie campali che attendono i dem nell’autunno caldo di una stagione politica con l’asse istituzionale spostato decisamente a destra è stato quello promosso dal deputato ed ex presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti di passaggio al circolo piddino di via Fiume per rilanciare l’alternativa partendo dal basso e per cercare di ravvivare i temi più cari agli elettori di sinistra. Accompagnato dal senatore e segretario regionale Nicola Irto, Tania Bruzzese, presidente dell’Assemblea Metropolitana, Zingaretti è stato accolto calorosamente dal segretario cittadino Marco Policaro e dai componenti della rigenerata sezione spiegando come «la sua presenza incoraggi l’azione del nostro circolo» alle prese, come noto, con qualche “dispiacere interno” nella prospettiva di «riconquistare la guida della città» in un territorio difficile dove comunque «si sta lavorando tanto». Anche Irto ha detto di voler investire sulla partecipazione della gente chiarendo come «il PD non sia un circolo esclusivo» puntando sulla necessità di creare “luoghi di incontro” per discutere dei problemi reali dei cittadini come il prossimo impegno sul nodo Ets (la direttiva della comunità europea che impone la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990) che potrebbe assestare un duro colpo al porto di Gioia Tauro su cui lo stesso senatore ha chiesto supporto, ricevendolo, al collega deputato «per questa battaglia per il sud». Zingaretti – che ha sollecitato a costruire sempre più presidi dem, definendoli vere e proprie “boccate d’ossigeno” – ha spiegato che «abbiamo un senso se siamo utili agli altri» stroncando i partiti personali ed interrogandosi sulla vittoria della destra definita “populista” che «ha saputo cavalcare il malessere, le diseguaglianze sociali e le paure degli italiani» conquistando il potere senza però essere capace di offrire soluzioni «semplicemente perché non ha un programma». Da qui la necessità per il PD di farsi “alternativa” credibile in una «stagione di conflitto politico intenso» affrontando temi quali il salario minimo, la sanità e la scuola che non possono essere più delegati, o peggio, trascurati dalla sinistra italiana che deve avere come faro la Costituzione «che va sempre attuata» perché «il pericolo del nostro tempo è la morte della democrazia» se si vuole offrire una speranza «di bella politica» al futuro dei giovani. Ritornando sul populismo, l’ex segretario, ne ha spiegato le fasi evolutive che passano dalla raccolta del consenso, al governo, all’aggressione alla democrazia ed alle istituzioni dopo «aver cercato il capro espiatorio» dei propri fallimenti politici perché «pensano che vincere le elezioni gli permette di comandare anziché governare» in una sorta di «bulimia del potere». Ed ancora, «mai più al governo senza un mandato popolare, mai più al governo da soli» sono stati gli slogan su cui si è imperniata la linea politica fatta di «identità e cultura unitaria» guardando al campo largo e agli alleati come unica possibilità praticabile per sconfiggere le destre «perché agli italiani delle correnti interne non frega niente» dribblando con no sfuggente la domanda se il partito, ora in mano ad Elly Schlein, possa soffrire di carenza di leadership.