È trascorsa ormai una settimana da quando Arpacal ci ha informato che nelle analisi di routine per il controllo delle acque di balneazione nel tratto denominato 200 metri dalla foce del Petrace, il valore dell’escherichia coli era superiore al limite stabilito dalla legge. Ne seguiva l’ordinanza comunale di divieto di balneazione e, come ci attendevamo, ne sarebbe dovuto conseguire un nuovo campionamento che generalmente è eseguito entro 72 ore (3 giorni).
A oggi, essendone trascorse più del doppio, non abbiamo notizie e pertanto permane il divieto di balneazione nel tratto più a sud della spiaggia gioiese.
Andando per ordine però, ci teniamo a informare che il comportamento negligente di Arpacal non riguarda solo questo episodio, bensì si protrae dagli stessi campionamenti effettuati l’11 di giugno scorso, quando su 3 dei 4 punti di campionamento il valore degli Enterococchi risultava superiore al limite. Tali dati, appresi da noi con settimane di ritardo poiché pubblicate in ritardo, sono pubblici sul portale acque del ministero della salute. Di quei dati, però, Arpacal non ha ritenuto di comunicare nulla né al Comune, che diversamente avrebbe avuto l’obbligo di inibire la balneazione in tutti i tratti interessati, né pubblicamente. Né tanto meno siamo a conoscenza di analisi suppletive svolte come da normativa. Alla nostra Pec del 5 luglio indirizzata al dipartimento reggino dell’Arpacal nella quale si chiedevano chiarimenti in merito nessuno ancora ha risposto.
Si giunge quindi alle analisi svolte nella giornata del 7 luglio, dove si evince lo sforamento di cui si parlava in apertura.
Riguardo a questo episodio occorre ricordare che il giorno precedente si sono verificate piogge molto intense concentrate soprattutto nell’arco preaspromontano proprio all’interno del bacino idrografico del Petrace. Ricordiamo che i pluviometri della zona hanno segnato livelli di pioggia caduta medio-alti; spicca ad esempio Molochio che ha toccato i 126 mm in un giorno e Santa Cristina d’Aspromonte che ha segnato 100 mm in un giorno. La stessa Protezione Civile regionale aveva emesso per i due giorni precedenti il campionamento due allerte meteo; arancione per la domenica a gialla per tutta la giornata di lunedì.
Il fiume Petrace ha ovviamente raggiunto i livelli di piena che ha mantenuto sino al mattino del 7 luglio.
Arpacal ha scelto di campionare le acque di balneazione a sei ore dalla conclusione di una allerta meteo, sapendo delle ingenti piogge cadute sul territorio e avendo contezza visiva del fatto che il Petrace nel momento del campionamento era ancora in piena.
Arpacal, come tutte le Arpa italiane che svolgono lo stesso tipo di monitoraggio durante la stagione estiva, deve rispettare un calendario che è concordato col Ministero della salute. Questa la loro “giustificazione” ad una nostra diretta domanda, non dicono però che la normativa in materia prevede che il campionamento possa essere eseguito entro 4 giorni dalla data indicata dal calendario di monitoraggio (art. 6 co. 4 D.lgs. 116/08) e comunque entro un mese dalle precedenti che come già detto furono eseguite l’11 di giugno.
Questo ritardo, concesso dalla normativa, noi lo interpretiamo come la facoltà di poter ritardare il campionamento nel caso in cui si verifichino situazioni avverse o inopportune, fra cui una situazione meteorologica sfavorevole che senza dubbio potrebbe inficiare i risultati.
Vi era tutto il tempo per riprogrammare il campionamento che, ragionevolmente, se si fosse svolto 24/48 ore dopo avrebbe potuto dare un esito differente.
La ragionevolezza, si diceva, che Arpacal non ha avuto, né in questa occasione né nella precedente quando doveva comunicare i risultati sfavorevoli ottenuti e tutelare la salute dei bagnanti e non lo ha fatto.
Rimane, come sempre quando si parla del Dipartimento reggino di Arpacal, l’incertezza sui dati e i dubbi sulle modalità e per contro la certezza nostra che affidarsi a loro è assai meno rassicurante che un atto di affidamento al Santo patrono.