Uccisa, fatta a pezzi con un trattore e poi data in pasto ai maiali. Sarebbe questa la fine fatta fare all’imprenditrice Maria Chindamo, la donna di Laureana di Borrello scomparsa la mattina del 6 maggio 2016 mentre si recava a lavoro nella tenuta agricola di sua proprietà, a Limbadi.
Particolari, questi, che contribuiscono a rendere ancora più drammatica la vicenda legata alla donna, le cui tracce si sono smarrite nella primavera di 4 anni fa, esattamente un anno dopo un altro tragico avvenimenti, il suicidio dell’ex marito di Maria Chindamo.
Le nuove rivelazioni sul caso di Maria Chindamo sono state rilasciate alla Dda di Catanzaro, che indaga sulla scomparsa della donna, da un collaboratore di giustizia, Antonio Cossidente, lucano e detenuto in carcere con un altro collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, appartenete al clan omonimo di Limbadi.
La notizia è stata diffusa dalla Tgr Calabria nell’edizione odierna delle 14, con un servizio del giornalista Marco Innocente Furina.
Sarebbe stato proprio Emanuele Mancuso a rivelare ad Antonio Cossidente che Maria Chindamo sarebbe stata eliminata e fatta a pezzi con un trattore e successivamente data in pasto ai maiali a causa del rifiuto della donna a cedere i propri terreni di Limbadi a Salvatore Ascone, i cui terreni confinano proprio con quelli della Chinadmo.
Ascone sarebbe legato al clan Mancuso ed è già stato arrestato per il delitto della donna ma poi scarcerato dal Tribunale del Riesame.
Secondo la testimonianza del collaboratore Cossidente, la scelta della data del 6 maggio 2016 per far sparire Maria Chindamo, sarebbe un depistaggio per far ricadere i sospetti del delitto sulla famiglia dell’ex marito.
Le dichiarazioni di Cossidente sono al vaglio della Dda di Catanzaro,mguidata dal procuratore Nicola Gratteri.