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Sissy Trovato in coma, “Chi l’ha visto” mostra in anteprima le immagini dell’ospedale

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Una pistola priva di impronte digitali, un uomo non identificato che esce dall’ascensore in cui si trova una donna in fin di vita e un paio di guanti che mancano all’appello. Sarebbero questi i tre buchi nell’indagine per il ferimento  di Sissy Trovato Mazza, l’agente di polizia penitenziaria originaria di Taurianova, trovata in condizioni gravi per una ferita alla testa, causata da un colpo di pistola.

Quel primo novembre del 2016, giorno della tragedia, Sissy si trovava in ospedale a Venezia, dove doveva assistere una detenuta del carcere “Giudecca”, ricoverata dopo il parto.

Le immagini di video sorveglianza dell’ospedale di Venezia, mandate in onda ieri sera durante la trasmissione di Rai Tre “Chi l’ha visto?”, mostrano Sissy che si dirige verso l’ascensore per salire al terzo piano, nella stanza in cui è ricoverata la detenuta. La donna, però, è stata momentaneamente spostata al piano terra, ma Sissy probabilmente non lo sa, per questo forse si reca prima al terzo piano.

Sissy appare serena, non indossa guanti – e questo è un particolare non irrilevante, dal momento che sull’arma da fuoco non sono state trovate impronte digitali – e parla con una donna, forse un’infermiera.

Sono le 11.07 del primo Novembre 2016.

Tre minuti più tardi Sissy torna al piano terra, cercando la stanza in cui si trova la detenuta. Chiede informazioni ad una donna e si dirige verso il reparto di pediatria.

Le immagini mostrano bene le mani di Sissy: la ragazza non indossa i guanti.

Pochi istanti dopo le immagini riprendono Sissy che ritorna nel padiglione centrale della sala dell’ospedale, sembra attendere qualcuno, passeggia avanti e indietro ed ha le braccia incrociate. Alle 11.12 Sissy rientra nel reparto di pediatria per controllare la donna detenuta, e vi rimane per circa cinque minuti.

Alle 11.16 Sissy esce dal reparto di pediatria, si dirige verso l’ascensore di sinistra e un istante dopo cambia rotta e si sposta verso l’ascensore di destra; sembra avere qualcosa in mano, forse un cellulare ma non è il suo, perché il suo telefono verrà ritrovato nell’armadietto della caserma.

Alle 11.18 una donna prende l’ascensore di destra, e a quell’ora Sissy è ancora viva, perché la donna non torna indietro a dare l’allarme, come invece fa alle 11.20 un’altra signora, che giunta dinanzi l’ascensore, vedendo Sissy a terra ferita, corre a chiedere aiuto.

Spunta pochi attimi dopo un uomo: proviene dall’ascensore in cui si trova Sissy, in fin di vita per il colpo di pistola alla testa, ma non sembra essere turbato dalla scena. Va via dal padiglione e proprio mentre si trova a passare sotto la telecamera, abbassa la testa. “Chi è quest’uomo?”, si domanda la giornalista della trasmissione “Chi l’ha visto?”. Un uomo che la Procura di Venezia non ha sentito, né identificato.

Le immagini mostrate dalla trasmissione di Rai Tre mostrano molti punti oscuri, fatti che non hanno varcato le porte della Procura di Venezia che ha indagato per suicidio, e adesso vorrebbe chiedere l’archiviazione.

Ma come è possibile? Perché i magistrati non hanno da subito passato al setaccio l’ascensore in cui si trovava Sissy, in cui qualcuno potrebbe aver lasciato tracce? Perché, se l’arma non contiene impronte digitali e Sissy non portava i guanti, la Procura propende per l’ipotesi suicidaria? E l’uomo “misterioso” è stato cercato?

La famiglia di Sissy non ci sta, e neanche gli amici, che hanno diramato una nota stampa.

“Il Comitato Civico di “Sissy la Calabria è con te”, insieme all’amministratrice del gruppo “Sissy …. tutti qui per te!”,dopo aver visto la trasmissione “Chi l ha Visto?” del 30 Maggio 2018, presa conoscenza dei tanti “misteri” che accompagnano la triste vicenda di Sissy, forti e consapevoli più che mai che Sissy non si sia sparata, dichiarano di continuare a sostenere la causa Sissy, sino al raggiungimento della verità: invitiamo in modo particolare la stampa veneta a non divulgare notizie prima di non essere certi di quanto dichiarato. Forza sempre Sissy, insieme si può!”.

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