Dalla tavola rotonda, promossa dal Lions Club “Vallis Salinarum” di Taurianova nel ventesimo anniversario della morte violenta del medico di Gioia Tauro, Luigi Ioculano, è emerso quanto la memoria debba avere un ruolo pedagogico, soprattutto quando si è di fronte a fatti di sangue che hanno colpito persone innocenti, liberi cittadini che, come nel caso del dr. Ioculano, si spendevano per la propria comunità.
A tal proposito, il giornalista e scrittore Arcangelo Badolati ha detto che, «anche a Gioia Tauro, città meravigliosa e difficile, che Gigi ha amato, è giusto ricordare, vincendo timori e paure, colui che, attraverso un forte impegno civile e culturale, credeva nel cambiamento».
Introdotto dal moderatore, Nino Guerrisi, che ha sottolineato più volte le ragioni dell’iniziativa, il presidente del club Taurianiovese, Filippo Zerbi, ha parlato di Ioculano mettendo in evidenza la capacità dello stesso di rendersi promotore di appassionate battaglie per il riscatto socio-culturale della sua terra.
Prendendo la parola, il sostituto procuratore Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, ha ribadito che «il dottor Ioculano ha rotto il cliché del “mi ndi futtu”, tant’è vero che ha sempre preso posizioni chiare e nette». Continuando, il sostituto procuratore ha evidenziato come il delitto Ioculano sia maturato in ambito politico-mafioso, al di là delle assoluzioni degli imputati. In questa ottica, Musolino ha ricordato, specificatamente, le note battaglie del compianto professionista gioiese sulle scottanti questioni riguardanti il termovalorizzatore, il piano regolatore ed altro».
«Il messaggio di zio Gigi – ha affermato amaramente Leopoldo Murarori, nipote del dr. Ioculano e socio del “Vallis Salinarum” – è lettera morta. Mio zio – ha proseguito – credeva in un cambiamento di questa realtà e riusciva a trasmettere agli altri il suo entusiasmo». È stata poi la volta delle figlie di Ioculano, Simona e Ilaria.
«Non ci siamo allontanate da Gioia – hanno precisato entrambe – perché già prima della sua morte noi eravamo fuori per motivi di studio». «Quello di mio padre – ha rimarcato Ilaria Ioculano – è un delitto di mafia, anche se non ci sono i nomi. Lui è morto per le pallottole, mentre altri sono destinati a rimanere nell’oblio». «Mio padre – ha successivamente detto Simona Ioculano – era un uomo normale non un eroe, ma allo stesso tempo era una persona straordinaria, perché straordinario era il suo modo di agire e di essere uomo. Lui – ha concluso – è stato condannato a morte dall’isolamento».
Al termine, don Pino Demasi, referente di Libera, ha sollecitato il mondo della cultura e dell’associazionismo ad assumersi «le proprie responsabilità», prendendo le distanze da chi non ha interesse a cambiare lo stato delle cose.