«Voglio che la Piana di Gioia Tauro abbia un ospedale degno di questo nome entro la fine del mio mandato e mi batterò per raggiungere questo obiettivo». Con queste parole, a fine ottobre 2022, il governatore Roberto Occhiuto aveva prospettato il riavvio dell’iter per realizzare il nuovo ospedale della Piana che – con 339 posti letto e poco meno di 160 milioni di euro di costo complessivo del progetto – dovrebbe sorgere per ridare fiato e speranze alla fame di sanità dei cittadini del comprensorio che, intanto, ancora annaspano tra disservizi, carenze strutturali ed organiche ed una disorganizzazione atavica ormai divenuta normale quotidianità. Sanità i cui i numeri, oggi, sono impietosi: al sistema sanitario calabrese mancano 2500 medici e, ogni anno, la mobilità sanitaria passiva costa alle casse della regione più di 200 milioni di euro poiché, talvolta senza scelta, un calabrese su 5 va a curarsi in altre regioni italiane, preferibilmente al nord. D’altra parte, un commissariamento lungo 12 anni, voluto e prorogato dai vari governi nazionali, ha fatto il resto portando oggi a certificare un debito strutturale sanitario in Calabria di 863 milioni di euro a cui vanno aggiunti altri 363 milioni di debiti della gestione corrente (dal 2021 al 31/10/2022), per un totale di poco più di 1,2mld di euro. Ma anche sotto il profilo organico le cose non vanno meglio, come ammesso dallo stesso Occhiuto: «Ogni mese si licenziano dal pubblico centinaia di medici in Italia per andare a lavorare nel privato, guadagnando venti volte di più che nel pubblico» tanto che, ad agosto 2022, aveva rilanciato con il reclutamento di 497 medici cubani grazie ad un accordo con una società statale del governo di Cuba aggiungendo che «non ci sono abbastanza medici in Italia, il numero chiuso a Medicina ha privato il nostro Paese dei medici che sarebbero necessari. E tutte le Regioni stanno facendo di tutto per reclutare medici e non ci riescono. Questo problema è molto più grave in Calabria perché noi abbiamo un sistema sanitario poco attrattivo. Il mio auspicio è che tutti i medici che si trovano in Italia e stanno fuori la Calabria tornino in Calabria per dare una mano agli ospedali calabresi ma è un auspicio difficile da realizzare in pochi mesi». I primi 51 medici cubani, in effetti, sono arrivati a fine dicembre ma sembrano essere una goccia nel mare di un bisogno molto più vasto e articolato visto che, ha spiegato sempre Occhiuto, «in Calabria mancano alcune specialità come gli anestesisti, i rianimatori, i pediatri». Una soluzione-tampone per permettere agli ospedali di non chiudere che un po’ stride con la riorganizzazione della sanità regionale che, in provincia di Reggio, a febbraio dello scorso anno, ufficializzava sedici Case di comunità (Monasterace, Gioiosa Ionica, Locri, Bovalino, Rosarno, Taurianova, Sant’Eufemia, Palmi, Cinquefrondi, Roghudi, Montebello Ionico, Villa San Giovanni, Bagnara Calabra, Reggio Calabria (2) e Sant’Alessio in Aspromonte), quattro Ospedali di comunità (Gerace, Cittanova, Oppido Mamertina e Bova Marina) e sei Centrali operative territoriali (Locri, Palizzi, Reggio, Bagnara, Cardeto e Taurianova) da realizzare con i fondi del Pnrr e di cui ancora non si colgono gli effetti concreti se non nelle carte. Ed ancora, sembrano lontani gli echi dei sit-in tenuti a Polistena e Palmi, città simbolo delle proteste, dai vari comitati per la salute con le grida spente dietro ad un invalicabile muro di schiacciante quanto incomprensibile burocrazia che non permette L.E.A. in linea con gli standard nazionali nonostante l’aumento dei fondi per la sanità calabrese richiesti ed ottenuti dal neo Governo (amico) Meloni: 90 milioni di euro in più per completare il nuovo ospedale “Morelli” in aggiunta ai 180 milioni già stanziati di versi anni fa dall’Inail; 2,7 milioni di euro per il completamento del polo onco-ematologico che avrà una dotazione di 12 milioni 700mila euro ed ulteriori 13 milioni destinati ai nuovi uffici e foresteria del Gom. E poi ci sarebbero anche i 35 milioni, confermati, per la riqualificazione del polo ospedaliero di Polistena che, solitario e sgangherato ma in forma orgogliosamente eroica, continua ad erogare, seppur tra mille difficoltà, le prestazioni essenziali per una utenza disorientata confermandosi l’unico baluardo sanitario per un bacino di 150mila persone utopiste, colpevoli di risiedere in questo martoriato lembo d’Italia, che – nonostante innumerevoli tornate elettorali, dalle europee alle amministrative passando per le regionali, a cura di politici la cui specialità è rimasta, immutata e costante, l’arte della promessa puntualmente disattesa – ostinatamente aspettano di essere considerati come cittadini piuttosto che numeri di comodo per una sanità che non c’è.
Sanità nella Piana, la coperta delle promesse è sempre corta
Mentre i cittadini della Piana aspettano i fatti (e il nuovo ospedale di Palmi) dalla politica regionale, la carenza di medici e strutture si fa sentire. Intanto i 35 milioni di euro per ristrutturare l'ospedale di Polistena continuano a rimanere disponibili (e non spesi)