ROSARNO – L’ufficio “Protocollo” e quello dei “Servizi Sociali” del comune di Rosarno, sono stati letteralmente presi d’assalto, negli ultimi giorni, da molti ragazzi africani in cerca di “casa”. Sono infatti circa 80 le domande di richiesta alloggio per il campo d’accoglienza di contrada “Testa dell’Acqua” che, da qui a pochi giorni, potrebbe riaprire i battenti per 120 migranti, muniti di regolare permesso di soggiorno, arrivati in città per la raccolta agrumaria.
Con l’inverno alle porte ed una sempre più accentuata crisi del comparto agrumicolo (aggravata da quella nazionale), sarà difficile, per la maggior parte di loro, poter lavorare e mantenersi un tetto sulla testa, contando, tra l’altro, la massiccia presenza di stranieri comunitari (bulgari e romeni), che da anni vivono, in maniera stabile, nei rioni del centro storico cittadino, e che vengono spesso preferiti agli extracomunitari per la raccolta dei pregiati agrumi rosarnesi.
La paura principale è che migliaia di ragazzi saranno costretti a vivere, come da 20 anni a questa parte, in condizioni igienico-sanitarie ai limiti del consentito e, per di più, spiacevole novità: senza lavoro.
«A proposito della riapertura del campo d’accoglienza – ha spiegato il sindaco, Elisabetta Tripodi – va ricordato che siamo ancora in attesa delle somme che la Regione deve rimborsare al nostro Ente per l’allestimento/mantenimento della scorsa stagione». In caso di ulteriore ritardo, ha concluso il primo cittadino «l’Amministrazione comunale dovrà nuovamente anticipare le somme necessarie alla riapertura, facendo però i conti con le ristrettezze di bilancio imposte, agli enti locali, dalla mannaia governativa».
Intanto basta fare un giro in via Nazionale nord per constatare come, di giorno in giorno, il numero dei giovani africani, in attesa che qualche proprietario terriero offra loro una giornata lavorativa nei campi, cresca a vista d’occhio, quasi a voler scongiurare un fattore oggettivo, la crisi, che, negli ultimi 5 anni, ha portato molti piccoli agricoltori ad abbandonare le proprie colture, visto che «portare avanti il prodotto non conveniente più, visto che le spese di gestione superano abbondantemente le entrate derivanti dalla vendita».
Anche quest’anno toccherà quindi alle associazioni di volontariato presenti sul territorio, insieme alle mense della Caritas ed a quella (privata) dell’anziana “Mamma Africa” , farsi carico delle migliaia di sfortunati ragazzi, arrivati nella Piana per tentare di “sopravvivere” all’ennesimo “inverno della speranza”.
Francesco Comandè