ROSARNO – A 21 mesi esatti dalla “Rivolta di Rosarno”, che fece conoscere la cittadina (negativamente) a tutto il mondo, l’emergenza abitativa (unita alla forte crisi del comparto agrumicolo che travolge l’economia dell’intero circondario) sembra essere il “tallone d’Achille” della Piana di Gioia Tauro. A meno di un mese dall’inizio della stagione di raccolta delle clementine pianigiane che, come ogni anno, accoglierà migliaia di lavoratori provenienti sia dal continente africano che dall’est Europa, nessuno dei progetti pianificati dal Governo centrale è diventato realtà.
«La “Beton Medma” di Rosarno (cementificio confiscato al clan Bellocco) – si lesse pochi giorni dopo gli “scontri” in una nota del Viminale – farà posto ad un “centro di formazione per immigrati” con tanto di foresteria, che darà la possibilità a 60 stranieri (con regolare permesso di soggiorno) di avere dei posti letto a disposizione». Il progetto comprendeva anche uno sportello sociale, uno per la formazione professionale, uno spazio dedicato alla socializzazione ed all’intrattenimento ed uno al supporto scolastico dei bambini, per un costo complessivo di 20 milioni di euro circa (3 milioni stanziati direttamente dallo Stato italiano e 16 provenienti dai fondi europei).
Ad oggi, nel sito dell’ex cementificio, tutto è come allora, le motivazioni? Ancora non è stata aggiudicata la gara d’appalto, la Stazione Unica Appaltante Provinciale sta portando a termine i controlli antimafia. Al momento si sta vagliando l’ipotesi di concedere i lavori alla terza ditta classificata (un’impresa di Vibo Valentia), vista l’esclusione delle prime due classificate per “irregolarità contributive”.
I ragazzi africani, intanto, cominciano ad arrivare, constatando che nessuna delle promesse annunciate in questi due anni sulle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali è stata portata a termine. Il governatore Scopelliti, nel frattempo, dopo aver annunciato un nuovo piano d’accoglienza, chiamato “Immigrati in Calabria”, (con soluzioni abitative per i braccianti con regolare permesso di soggiorno o richiedenti asilo) il 12 settembre scorso ha firmato un protocollo d’intesa di 3 milioni di euro per finanziare l’edilizia sociale nella Piana di Rosarno. L’obiettivo è la realizzazione di 34 case popolari in tre luoghi diversi (uno risulta essere un terreno confiscato) che non potranno essere consegnate prima di due anni.
E per la stagione agrumaria in arrivo? Il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, si sta attivando per rendere nuovamente fruibile il campo d’accoglienza di contrada Testa dell’Acqua, riutilizzando i container della Protezione Civile, che da lì non si sono mai mossi nonostante la struttura sia stata chiusa ad aprile scorso. «Ci serve però l’autorizzazione per l’utilizzo del terreno e per l’uso dei moduli abitativi – spiega il primo cittadino – che sono di proprietà della Protezione Civile Nazionale». Il presidente Scopelliti, durante l’incontro del mese scorso a palazzo “S. Giovanni”, ha confermato la volontà di voler supportare economicamente la realizzazione del progetto “temporaneo”. Proprio in quell’occasione, la Tripodi ha fatto presente al governatore di non aver ancora percepito«i 25mila euro della Protezione Civile per il campo 2010, che servono a pagare i lavori di allaccio idrico e fognario fatti dal Comune ed i 15mila euro per l’associazione “Il mio amico Jonathan”, che ha gestito, e bene, la struttura abitativa».
“Tutto cambia e niente cambia” insomma: tanti annunci e poca concretezza da parte di chi, a partire da gennaio 2010, aveva promesso strutture abitative e centri d’aggregazione in meno di una anno per i migranti della Piana. A quasi due anni dai cosiddetti “Fatti di Rosarno” le priorità rimangono sempre le stesse: tentare in ogni modo di far fruttare i fondi europei, onde evitare che l’Ue se li riprenda in modo da destinarli ad altre aree meno legate alla burocrazia che da sempre ci contraddistingue.
Francesco Comandè