Distruggere la storica abitazione della famiglia Gallico di Palmi facendola saltare in aria, perché confiscata e destinata alla polizia di Stato perché se ne facesse la nuova sede del Commissariato.
È questo uno degli spaccati – terrificante – emerso nel corso dell’indagine denominata “Eyphemos”, condotta dagli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Commissariato di Palmi, che ha portato all’emissione di 65 ordinanze di custodia cautelare, di cui 53 in carcere e 12 agli arresti domiciliari. Colpiti capi storici, elementi di vertice e affiliati della cosca operante tra Sant’Eufemia d’Aspromonte, Sinopoli, San Procopio, Cosoleto, Delianuova e dintorni.
Era Sant’Eufemia d’Aspromonte il centro nevralgico dell’organizzazione criminale scoperta e smantellata dagli uomini della Polizia di Stato. Un’organizzazione con ramificazioni in tutta la provincia reggina, a Milano, Novara, Lodi, Pavia, nella Bergamasca, e poi ancora nelle Marche, a Pesaro, Urbino e Ancora, ed a Perugia.
A capo dell’organizzazione ci sarebbe la cosca Alvaro di Sinopoli che, come emerso dalla indagini, si estendeva anche nel centro e nord Italia.
Le indagini sono state condotte da oltre 600 investigatori ed hanno messo in luce come gli esponenti di vertice del locale di Sant’Eufemia d’Aspromonte sedevano ai tavoli in cui venivano prese decisioni importanti che riguardavano il locale australiano: alcuni di essi si erano perfino recati in passato in Australia per risolvere controversie legate alla spoliazione di un sodale che venne sanzionato per una trascuranza ma non espulso dai ranghi della ‘ndrangheta.
Le accuse sono di associazione mafiosa, diversi reati in materia di armi e di sostanze stupefacenti, estorsioni, favoreggiamento reale, violenza privata, violazioni in materia elettorale, aggravati dal ricorso al metodo mafioso e dalla finalità di aver agevolato la ‘ndrangheta, nonché di scambio elettorale politico mafioso.
Secondo quanto emerso nel corso dell’indagine, l’ala militare del gruppo eufemiese è in possesso di numerose armi – pistole e fucili – anche ad elevato potenziale offensivo, in parte sequestrate nel corso delle indagini, nonché di un bazooka, a cui gli indagati facevano riferimento durante i dialoghi intercettati dalla Polizia.
Ad essi era stata commissionata anche la fabbricazione dell’ordigno esplosivo da parte di alcuni esponenti del clan Gallico di Palmi che intendevano utilizzarlo per distruggere o danneggiare gravemente l’abitazione storica di quella famiglia di ‘ndrangheta, confiscata e destinata ad ospitare la nuova sede del Commissariato di Pubblica Sicurezza del luogo.
Nei summit monitorati dagli investigatori della Polizia, gli indagati facevano riferimento alle cariche e ai gradi della ‘ndrangheta, come la “santa”, “camorrista”, “vangelista”, “sgarrista”, “capo locale”, “contabile”, alle cerimonie, alla formazione di un banconuovo, alla creazione di un nuovo locale a Sant’Eufemia d’Aspromonte con l’auspicata legittimazione del Crimine di Polsi e l’indipendenza dagli Alvaro di Sinopoli che, tuttavia, continuano a controllare Sant’Eufemia, forti dell’essere una grande cosca, anche se i diversi sottogruppi familiari godono di una certa autonomia programmatica e di azione.