Ottavio Sferlazza, mons. Giuseppe Alberti, don Pino Demasi e Giuseppe Bognoni

«Lo scopo della mostra non è quella di restituire la figura di Livatino come un santino ma come un esempio di cristiano laico impegnato che ha raggiunto la santità attraverso una vita di impegno civile» ha suggerito don Pino Demasi nella sua introduzione al convegno “Sub Tutela Dei” – incentrato sulla figura del “giudice ragazzino” come lo definì Nando Dalla Chiesa nell’omonimo libro – che ha così concluso la mostra itinerante organizzata dal C.S.V. Due Mari, presieduto da Giuseppe Bognoni. Molto toccante la testimonianza dell’ex Procuratore di Palmi, Ottavio Sferlazza, già sostituto della Procura di Caltanissetta ai tempi della tragica vicenda del giudice Livatino e magistrato che si occupò delle indagini sulla sua morte avvenuta per mano mafiosa il 21 settembre 1990 ad Agrigento. Sferlazza ha tracciato un ricordo umanissimo, pieno e intenso sebbene a tratti commovente ma sempre lucido, della «nobile figura» di Livatino imperniato sulla incrollabile coerenza del magistrato tanto nella vita pubblica che privata. “Scegliere per decidere e decidere per ordinare” la linea guida seguita da Livatino per il quale «rendere giustizia rappresentava il collegamento diretto con Dio e la società civile, il ripristino di una sorta di ordine cosmico superiore» ha chiarito Sferalazza il quale ha voluto sottolineare come lo stesso sfortunato magistrato avesse tenacemente inteso la sua professione come «atto di amore anche verso la persona giudicata». L’autonomia e l’indipendenza della magistratura come capisaldi della responsabilità del giudice che «nel momento di decidere deve dismettere ogni superbia e deve essere disposto a comprendere l’uomo che ha di fronte» non per scadere nel buonismo ma ponendosi “sub tutela Dei” «come raggio di luce (Dio) per cercare la verità». Una narrazione, quella di Sferlazza, dalla quale si è evinta la «costruttiva contrizione» e l’umiltà del giudice Livatino condensata nel potente quanto drammatico racconto della sintesi delle indagini che portarono alla individuazione di mandanti ed esecutori materiali del delitto grazie all’eroica deposizione del supertestimone Piero Nava, a distanza di anni, confermatosi pronto a ripetere la sua testimonianza – al carissimo prezzo di un cambio radicale di vita per sé e la sua famiglia – «per poter guardare negli occhi i miei figli». Ne è emersa la figura altissima di uomo e magistrato, Livatino, «che ha saputo coniugare fede e diritto e la sua funzione non come potere ma come servizio» il cui esempio di coerenza serva «da monito per le nuove generazioni». Il neo vescovo di Oppido-Palmi Monsignor Giuseppe Alberti, in conclusione, ha voluto puntare sulla “gigantesca umiltà” di Livatino la cui «rettitudine ha fatto sintesi tra il pensiero dei classici (in riferimento alla verità) e i fondamenti cristiani» poiché «non può esserci una società giusta senza arrivare alla verità» per far sì che «il sangue dei martiri diventi davvero il seme dei nuovi cristiani».