“La speranza cristiana non è negazione del dolore e della morte,
è celebrazione dell’amore di Cristo Risorto
che è sempre con noi”.
Messaggio di Papa Francesco per la XXXVIII Giornata Mondiale della Gioventù
26 novembre 2023
Suonano a lutto le campane della Basilica di San Pietro e, in quello che è anche il giorno dei
Natali di Roma, sui Palazzi delle Istituzioni le bandiere pendono a mezz’asta. Dalle 7,35 del
21 aprile 2025, Papa Francesco è tornato fra le braccia del Padre, in modo discreto e
normale, come discreto e normale è stato il suo percorso di vita terreno.
Era già qualche giorno che pensavo al contenuto del secondo appuntamento con questa
rubrica e le ultime immagini di Papa Francesco in carrozzina, nei momenti che hanno
preceduto il triduo pasquale e durante lo stesso, mi si presentavano davanti con insistenza e
persuasione, suggerendomi alcune riflessioni, che, oggi più che mai, non posso che
condividere.
Lungo la linea del tempo e della storia, nel susseguirsi degli eventi, i papi e i re invecchiano
e muoiono indissolubilmente legati alla propria carica; al contrario, per coloro che sono
semplicemente Capi di Stato o di Governo eletti dal popolo, l’avvicendarsi nel ruolo può
lasciare nella memoria collettiva l’immagine di leader giovani e pieni di energie, che in
modo transitorio hanno rivestito questa o quella funzione.
Papi e Sovrani ricevono la propria investitura direttamente da Dio, ma ciò che, prima facie,
può apparire un “privilegio”, in realtà è il vincolo di obbedienza e fedeltà ad un giuramento
che si fa, innanzitutto, con la propria coscienza.
Sarebbe facile, oggi, guardare al pontificato di Papa Francesco, scandendone i passaggi che
hanno inciso significativamente sul crinale della storia.
Ma questa non vuole né può essere un’elegia né la rievocazione delle tappe più
rivoluzionarie di questi ultimi dodici anni di governo della Chiesa dal soglio di Pietro.
Ciò che è importante ricordare di Papa Francesco, tanto quanto le sue grandi opere, è la
straordinaria umanità di cui si è rivestito, con la semplicità degli umili, con l’immediatezza
dei puri, con la trasparenza di chi è autentico.
La malattia, mai celata, ma condivisa, dalle stanze d’ospedale fino alla Loggia della Basilica
di San Pietro nel giorno di Pasqua, hanno consegnato alla storia l’altorilievo di un uomo che
ha incarnato fino alla fine e con autenticità il dovere congiunto al ruolo, la missione
compenetrata al senso di responsabilità. E ciò che avrebbe potuto apparire come
mortificazione o umiliazione dell’uomo, lo ha, invece, elevato a grandezza esemplare.
Era già accaduto, in un passato non tanto lontano, con Papa Giovanni Paolo II, a cui la
malattia aveva usurpato l’agilità e la parola, ma mai rintuzzato la forza e quel senso di
responsabilità verso una platea infinitamente vasta, da guidare e ispirare fino alla fine dei
propri giorni terreni.
Perché questa è la missione di un’investitura, che non decade, non si prescrive e a cui non si
rinuncia, pagando il prezzo, altissimo, di esporre la propria umanità, fatta di sofferenze e di
cadute, anche sul piano fisico, agli occhi, a volte impietosi, del mondo.
Non sono teoremi, ma lezioni, esempi, paradigmi da seguire, ogni qualvolta la disperazione
ci attanaglia, ogniqualvolta l’impossibile sembra avvilupparci, ogniqualvolta la desolazione
della solitudine ci circonda.
Esiste una forza interiore che va al di là delle contingenze e si chiama speranza, disseminata
su quel cammino lungo il quale siamo tutti pellegrini, con o senza livrea, con e senza
corone.
La speranza di poter cambiare il corso delle cose e di renderle, magari, migliori; la speranza
di comprendere che il viaggio stesso è la meta del nostro esistere.
La speranza che si è incarnata concretamente nelle opere di uomini esemplari, come da
ultimo Papa Francesco, il Papa degli invisibili, che ci ha lasciati nella silenziosa alba del
Lunedì dell’Angelo, il giorno dell’annuncio al mondo della Risurrezione di Gesù Cristo.
Nulla accade per caso, se crediamo che le nostre vite non siano governate dal caso.
Per coloro che hanno la fortuna di essere credenti, tutto oggi acquista un significato diverso,
più forte della finitezza a cui la morte conduce; per coloro che non credono, anche su un
piano assolutamente laico, la vita, e gli ultimi giorni della vita terrena di Papa Francesco in
particolare, non possono non alimentare un senso profondissimo di condivisione e di
rispetto per l’eredità più preziosa che ci ha lasciato: l’amore per ogni forma di umanità che
lo ha caratterizzato.



