Riceviamo e pubblichiamo:
Accade solo in Calabria o, per meglio dire, solo nell’ASP di Reggio Calabria e nella Piana di Gioia Tauro. Un povero cittadino dializzato, in cura presso l’U.O. dell’Ospedale chiuso di Palmi, viene colto da grave scompenso cardiaco. Tempestivamente si telefona al SUEM 118 ma, appena l’equipe medica e infermieristica si appresta a prendere l’ascensore per salire in Emodialisi al 4° piano la barella non entra più nell’ascensore.
I soccorritori inviperiti salgono senza barella per soccorrere l’ammalato e utilizzano una sedia per trasferirlo nell’ospedale più vicino idoneo alle cure del caso. Eppure l’ascensore in passato era funzionante e la barella ci entrava comodamente. Sembra però che qualche tecnico, nel rispetto delle vigenti normative di sicurezza, abbia fatto apporre delle riduzioni nel vano ascensore perché non poteva garantire la sicurezza agli ammalati trasportati in barella.
Forse non si è pensato al fatto che in quell’ospedale, chiuso ai ricoveri, poteva manifestarsi un’emergenza ai piani alti e bisognava utilizzare la barella per soccorrere un cittadino qualsiasi colto da malore improvviso; forse non ci si rendeva conto che nei piani superiori dell’Ospedale chiuso c’è l’emodialisi ed i poliambulatori frequentati da tanti cittadini affetti da gravi patologie; forse si è pensato soltanto a salvaguardare le responsabilità individuali di chi deve tutelare prima se stesso e poi l’ammalato.
Eppure, in passato, quando l’unico ascensore dell’ospedale di Palmi si è rotto, ne hanno passate di belle i dializzati curati al 4° piano. Ciò nonostante nessun provvedimento risolutivo è stato adottato, anzi i rischi che gravano sulla pelle della povera gente ammalata aumentano sempre di più e vanno a finire in un pozzo senza fine.
Vorremmo ricordare il calvario dell’ospedale di Polistena, dove gli ascensori sono rimasti tutti fermi per un lungo periodo ma, ci limitiamo a denunciare l’ennesimo unico ascensore fermo ai poliambulatori di Taurianova, dove il cittadino povero si reca quotidianamente numeroso e da ammalato, affronta una fatica immane per raggiungere i piani alti degli specialisti.
I fatti ci consegnano, ancora una volta, il vero degrado in cui è caduta la Sanità Pubblica, persino quella fatta per i poveri che si accontentano di sopportare in silenzio i disagi strutturali pur di farsi assistere dai bravi professioni presenti negli ambulatori pubblici. Sicuramente questa sanità non viene utilizzata dalla gente ricca, altrimenti il problema non esisterebbe.
Il SULPI però è convinto di dover continuare a denunciare pubblicamente tutto ciò che non funziona, perché ritiene che l’informazione viene recepita anche dai familiari degli ammalati e assegna un senso di vergogna in chi gestisce la cosa pubblica.
Condivisione e sensibilizzazione sono anche coinvolgimento e impegno per far cambiare le cose che non vanno.
Organizzare il malcontento vuol dire creare una forza sana pronta a battersi per rimuovere questi ostacoli della vita coinvolgendo principalmente le giovani generazioni.
Questo sarà un modo responsabile di condividere consapevolmente i problemi degli ultimi, reagire e far saltare il sistema marcio che impedisce la rivendicazione dei diritti fondamentali.
Democrazia e Costituzione ci chiedono una battaglia di valori per garantire dignità umana e diritto di cittadinanza.
IL SEGRETARIO GENERALE S.U.L.P.I.
Giuseppe Gentile