PALMI – E’ stato sentito ieri davanti alla corte d’assise di Palmi il collaboratore di giustizia di Gioia Tauro, Pasquale Labate.
La notizia è stata pubblicata questa mattina da Francesco Altomonte su Cronache del Garantista Calabria.
Labate era finito in carcere nell’operazione “deja vu” e la scelta di collaborare è stata preceduta dalla presentazione di un memoriale in cui il giovane ha ammesso di aver partecipato a una serie di truffe con Antonio Russo (anche lui ora collaboratore di giustizia) ma di non aver mai avuto a che fare con la ndrangheta.
Pasquale Labate è stato sentito nel processo sull’omicidio di Giuseppe Priolo, nel quale sono imputati i fratelli Antonio e Santo Rottura.
La vicenda è quella relativa alla faida tra i Brandimarte ed i Priolo, partita quando Vincenzo Perri (parente dei Brandimarte) ha ucciso Vincenzo Priolo (figlio di Giovanni). Lo scontro tra le due famiglie ha portato al tentato omicidio di Giuseppe Brandimarte, all’omicidio di Giuseppe Priolo e forse anche all’omicidio di Francesco Bagalà.
Labate ha parlato della reazione avuto dai fratelli Brandimarte alla notizia dell’arrivo in carcere di Priolo.
«Nel giugno 2013 – ha spiegato il gioiese – è arrivato in carcere Giovanni Priolo. Ho notato che i Brandimarte erano nervosi, atteggiamento diverso da quello che avevano prima. Prendevano informazioni dai “lavoranti”, cioè quei detenuti che lavorano all’interno del carcere e che stavano nella stessa sezione di Priolo;
ho notato che i tre Brandimarte, Gentile e Vincenzo Perri durante l’ora d’aria si riunivano e parlavano da soli ».
Labate ha affermato che «Nuccio Brandimarte, riferimento per gli altri, ha chiesto informazioni su Priolo a un certo Stilo. Con me non hanno mai parlato perché erano molto riservati sul tema».
Subito dopo Labate è stato sentito anche l’altro collaboratore di Gioia Tauro, Marino Belfiore, arrestato il 29 marzo 2014 a Rizziconi mentre trasportava in auto un intero arsenale e coinvolto nell’operazione “Mediterraneo” contro la cosca Molè.