Nel corso della trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”, andata in onda su Rai Tre la sera dell’8 dicembre 2021, alle ore 22:40 Rocco Fedele e Domenico Rettura sono stati indicati con tanto di fotografia come i sicuri responsabili dell’omicidio di Mohamed Sow, i cui resti sono stati scoperti recentemente.
Si è così creata una situazione sciagurata e paradossale: i nostri difesi, assolti con sentenza passata in giudicato e dunque non più processabili, si trovano a dovere subire un linciaggio mediatico, senza difesa alcuna, visto che tra l’altro la trasmissione non ha neppure pensato di interloquire con i loro difensori.
Si badi, se i resti di Sow fossero stati rinvenuti all’interno o nell’immediata prossimità della piccola azienda nella quale aveva lavorato fino al giorno della risoluzione del rapporto, la costruzione mediatica così infamante avrebbe almeno un ragionevole approccio.
Così non è, i resti risultano essere stati ritrovati, per come si dice, in un bosco tra Oleggio e Gattico.
Non corrisponde in alcun modo al vero che nel processo gli imputati siano stati assolti perché il corpo non era stato ritrovato e dunque si poteva dubitare della morte di Sow. Tutte le sentenze, fin da quella emessa dalla Corte d’Assise di Novara, hanno dato per scontato che Sow fosse deceduto perché ucciso.
Sin dal primo grado è stata riconosciuta la probabilità logica e fattuale della ricostruzione presentata dalla difesa: Sow, lasciato a Invorio, dove aveva un giaciglio di fortuna utile per la vicinanza con l’azienda, aveva probabilmente cercato un passaggio per dirigersi ad Arona, dove aveva la propria abitazione in cui viveva insieme ad un cugino. Sow portava con sé una considerevole somma di contanti frutto della liquidazione, dunque era ben possibile che fosse stato oggetto per questo di un’aggressione omicida.
Tutto ciò comunque in assenza di alcun credibile supporto all’accusa nei confronti di Rocco Fedele e Domenico Rettura: nessuna traccia fu trovata nel furgone, che avrebbe dovuto essere il mezzo per provvedere al trasposto del corpo; nessuna traccia neppure in azienda di quella che avrebbe dovuto essere un’aggressione con inevitabile significativo spargimento di sangue; nessun riscontro nelle intercettazioni ambientali e telefoniche, pur trascritte e ritrascritte da periti nominati dal Giudice; nessun supporto al nascondimento del corpo è venuto neppure dall’esame dei tabulati telefonici, che documentarono come l’itinerario di Fedele e di Rettura fosse legato al raggiungere i propri domicili e incompatibile con quello che oggi si assume essere stato il luogo del ritrovamento.
Le espressioni inaccettabili usate rispetto ai dipendenti – ma inserite in un dialogo tra i due dal contenuto poco serio– che in trasmissione si è ben pensato di far riascoltare e di cui Rettura si è scusato, avrebbero potuto essere valutate ben diversamente alla luce delle testimonianze di tutti i dipendenti extracomunitari, anche i compagni senegalesi di Sow, chiamati al tempo a testimoniare sulla correttezza e sulla cortesia con la quale venivano trattati (di cui peraltro Chi l’ha visto ha l’integrale registrazione); testimonianze rese quando l’azienda era già chiusa e dunque non esisteva alcun interesse a proporle.
Prendiamo atto che la Procura della Repubblica di Verbania non si rassegna a una sentenza assolutoria passata in giudicato, visto che non ha mai svolto altre indagini su possibili responsabili: e così ribadisce il proprio convincimento a costo di contribuire al linciaggio dei due disgraziati indicati come sicuri assassini.
Il tema oggi non è costituito dall’opinione dei singoli, ma da un dato che non è più oggetto di discussione, e non solo processualmente: Rocco Fedele e Domenico Rettura sono due sottoprotetti, colpevoli designati, nonostante siano stati assolti in ragione del fatto che l’accusa è caduta fin dal primo grado come un castello di carte. Il proscioglimento non è certo dovuto ad un regalo che sia stato fatto loro e la loro innocenza non è in alcun modo messa in discussione dal ritrovamento dei resti di Mohamed Sow.