GIOIA TAURO – “Io e Falcone ci capimmo subito. Primo perché era un uomo eccezionale, e secondo perché condivise il mio discorso”.
Sono le parole del Generale Angiolo Pellegrini, autore di “Noi uomini di Falcone”, scritto insieme al giornalista Francesco Condoluci, presentato nei giorni scorsi a Palazzo Baldari.
Un evento organizzato da Tiziana Scarcella e moderato da Gioacchino Saccà, che attraverso le sue domande mirate a conoscere i dettagli dell’opera ha permesso al pubblico presente di conoscerne i particolari.
“Questo libro non parla di mafia. – ha detto il generale – O meglio, la mafia ci rientra per forza di cose, ma in realtà è un romanzo di vita tra delusioni e successi. Ed è diretto a tutti perché la gente sappia che la mafia è una cosa seria e che va combattuta a 360 gradi”.
Pellegrini ha vissuto in prima persona e insieme a Giovanni Falcone una delle stagioni di mafia più gravi e sconvolgenti.
“Una guerra che potevamo vincere. – ha aggiunto – Potevamo arrestarli tutti, mafiosi e pezzi infedeli dello Stato. Ma qualcuno dall’alto si è tirato indietro sul più bello”.
Non usa mezzi termini il generale Pellegrini che con Falcone si è sempre dato del lei.
“Non parlava mai di politica. Abbiamo lavorato fianco a fianco per cinque anni, condividendo gli stessi principi”.
Ed è proprio un omaggio a lui il libro, che quella stagione di mafia l’ha pagata con la vita. Ed é sempre per lui che il generale denuncia chi non ha voluto che in quell’operazione si arrivasse fino in fondo.
Un messaggio forte che Pellegrini ha alleggerito con la descrizione dell’amico Falcone, rimasto nel cuore di tutti gli italiani, e del quale si sente quasi il bisogno di sentir parlare per ricordarlo e onorarlo.