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«Nell’area industriale altri interventi prima del World Trade Center»

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Riceviamo e pubblichiamo:
Gioia Tauro come Manhattan?

In questi giorni abbiamo appreso dello studio di fattibilità, realizzato dal Dipartimento Architettura e Territorio dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, di un World Trade Center all’interno del porto di Gioia Tauro, un’importante infrastruttura che, collegata alla rete mondiale della World TradeCenter Association, dovrebbe rilanciare l’intera area portuale.

Rosario Tripodi
Rosario Tripodi
Questo world trade center a Gioia Tauro dovrebbe essere una struttura che comprende uffici e servizi legati al commercio globale, sale mostre e convegni, strutture ricettive, praticamente un enorme centro commerciale di servizio logistico per le imprese.

E qui sorge il primo dubbio: per quali imprese? Non certo per quelle poche attive esistenti nella zona industriale. E allora per quali? Per le nuove che si insedieranno a Gioia Tauro? E quali sono? E cosa offre l’area portuale?

E’ stato definito come un veicolo per l’internazionalizzazione dei servizi gestiti dal porto e darebbe la possibilità di un maggiore rapporto con il territorio.

Altri dubbi: che vuol dire internazionalizzazione dei servizi gestiti dal porto? Quali sono, visto che il porto fa solo transhipment? Come si svilupperebbe la possibilità di un maggiore rapporto con il territorio?

Riteniamo che prima del World Trade Center, struttura senza dubbio di rilevante strategia commerciale a livello internazionale, l’area portuale di Gioia Tauro così com’è non ha le condizioni per sostenere nessun tipo di struttura commerciale. Ne sono da esempio gli innumerevoli insediamenti industriali fantasma e le innumerevoli difficoltà operative che incontrano le poche realtà esistenti che attorno ai propri insediamenti trovano praticamente il deserto. Rete ferroviaria morta, spazi che dovrebbero essere il centro dell’intermodalità praticamente deserti, reti fognarie ed impianti di illuminazione inesistenti, rete telefonica precaria, presenza di insediamenti di immigrati (abusivi e non), assenza di ogni tipo di manutenzione stradale, assenza di vigilanza.

Se si vogliono fare arrivare le aziende è necessario principalmente creare le condizioni elementari per dare la possibilità di operare in condizioni «normali». E poi bisogna insistere affinché si realizzi la Zona Economica Speciale impantanata nei meandri delle Commissioni Parlamentari.

Quindi, ben venga il World Trade Center, ma su quali fondamenta lo costruiamo?

Per Cittadinanza democratica
dott. Rosario Tripodi

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