PALMI – Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro rischiano di aggravare la posizione dell’avvocato Gregorio Cacciola, in carcere perché accusato di aver collaborato a estorcere a Maria Concetta Cacciola una ritrattazione contro la sua volontà.
Il medico gioiese, che da meno di un anno si è pentito ed è diventato collaboratore di giustizia, è stato ascoltato in video conferenza da una località protetta, nel corso di un’udienza del processo “Onta”.
Secondo quanto riportato oggi dai quotidiani “Cronache del Garantista Calabria” e “Gazzetta del sud”, in merito alla ritrattazione di Maria Concetta Cacciola, Marcello Fondacaro ha dichiarato di aver saputo da Giuseppe Bellocco nel luglio del 2011 che l’avvocato rosarnese aveva ricevuto l’incarico per far tornare sui suoi passi la ragazza che stava collaborando con la giustizia.
«Eravamo in auto io, Giuseppe Bellocco e Francesco Cosoleto. Quest’ultimo – ha dichiarato ieri Marcello Fondacaro – scherzando disse a Bellocco: “Adesso tua cugina vi rovina”. Il riferimento era a Maria Concetta Cacciola che stava collaborando con i magistrati. Bellocco rispose all’amico: “non ti preoccupare che non ci rovina nessuno. Abbiamo incaricato, insieme ai Cacciola, di farla ritrattare e di questo se ne occupa l’avvocato Gregorio Cacciola”».
La perizia medica
Su “Gazzetta del sud” viene poi riportato un altro episodio emerso durante la testimonianza di Marcello Fondacaro. Il medico gioiese ha raccontato di essere stato contattato nel 1996 da Girolamo Molè, per affiancare l’avvocato Cacciola, nel compito di ottenere una perizia medica, senza effettuare gli esami necessari, per il padre (Nino Molè, allora detenuto) in cui venisse dichiarata l’incompatibilità con il regime carcerario.
L’attentato
L’ultima clamorosa rivelazione Marcello Fondacaro l’ha fatta alla fine della deposizione e a riportarla e il quotidiano “Cronache del Garantista Calabria”. Il collaboratore di Giustizia ha affermato che i Bellocco avevano deciso di ammazzare i magistrati Prestipino e Musarò. Volevano ucciderli tra la fine del 2012 e il 2013 a Palmi, lungo il tragitto che i magistrati percorrevano per giungere al Tribunale. «Peppe Bellocco – ha detto in aula Marcello Fondacaro – mi disse che volevano ucciderli con uomini armati e bombe lungo la strada. Musarò lo volevano fare fuori perché aveva curato la collaborazione della cugina. Sapevano i modelli delle auto e il colore: grigio. Chiesero anche il permesso alla cosca Gallico di Palmi, che disse di sì. Me lo disse quando ritornai in Calabria, eravamo fra Palmi e Gioia Tauro. Maria Concetta Cacciola era già morta».