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Le motivazioni di Eclissi: San Ferdinando in mano alle cosche

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Una città in mano alle cosche. È questa la sintesi delle motivazioni alla sentenza Eclissi emessa dal gup del Tribunale di Reggio Calabria Filippo Aragona.

Una sentenza con la quale, nel processo abbreviato, il giudice per le indagini preliminari ha inferto circa 300 anni di carcere agli imputati dei due clan di San Ferdinando.

“Il procedimento – si legge nelle motivazioni – ha permesso di visualizzare la presenza a San Ferdinando, località limitrofa a Rosarno, di soggetti appartenenti alla ‘ndrine dei Bellocco e dei Pesce, rispettivamente riconducibili alla famiglia Cimato e a quella Pantano”.

Le accuse contestate dal pm antimafia Giulia Pantano sono, a vario titolo, quelle di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamenti, possesso e uso di armi da guerra, traffico di stupefacenti, condizionamento delle Istituzioni, infiltrazioni ‘ndranghetista nell’amministrazione comunale di San Ferdinando finalizzate al controllo di autorizzazioni e appalti.

Alla sbarra il presunto capocrimine Gregorio Malvaso, legato alle ‘ndrina Bellocco-Cimato, condannato a 20 anni di carcere, così come Giuseppe Gioffrè, Antonio Cimato, Giuseppe Pantano e Giuseppe Albano.

Nell’operazione Eclissi sono finiti anche il sindaco del tempo Domenico Madafferi, il suo vice Santo Celi e il consigliere comunale di opposizione Giovanni Pantano. Tutti i politici hanno scelto il rito ordinario e stanno affrontando il processo davanti al Tribunale di Palmi.

Dopo “Tramonto”, con “Eclissi” c’è la seconda sentenza che certifica la presenza asfissiante della ‘ndrangheta nel piccolo centro dell’area portuale. L’infiltrazione mafiosa nell’amministrazione comunale è il tratto caratterizzante dell’inchiesta “Eclissi”. Per il gup infatti vi è «una sorta di linea di continuità con quanto accertato nel processo “Tramonto che per l’appunto ha evidenziato la presenza e l’operatività in quel centro della cosca Bellocco, sotto la guida e la direzione di Giulio Bellocco e di Aurora Spanò, la sua storica convivente, le attività investigative hanno fatto emergere solidi elementi probatori che dimostrano la perdurante operatività della ‘ndrangheta nei territori limitrofi a Rosarno con particolare riferimento al paese di San Ferdinando».

A seguito delle indagini nei confronti dei soggetti ritenuti appartenenti ai due clan, la Dda sarebbe riuscita a ricostruire il complesso sistema di interessi che i due gruppi criminali gestivano, giungendo perfino a controllare in maniera del tutto organica, i principali gangli dell’amministrazione comunale, assoggettando il Municipio attraverso propri rappresentanti diretti.

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