È inserito nella classifica della ‘Top Italian Scientist’, ordinario di Sistemi di elaborazione delle Informazioni all’Università della Calabria, è autore di diversi libri, ma soprattutto è un trasmettitore umano di semplicità e umiltà.
Si tratta di Domenico Talia, che domenica scorsa ha presentato “La società calcolabile e Big Data”, ad un incontro voluto dal Lab donne di Gioia Tauro, moderato da Monica Della Vedova e Saveria Lollio.
“Non sono un tuttologo”, ha ripetuto più volte rispondendo alle varie curiosità che lui stesso ha suscitato nel pubblico di Palazzo Baldari. “Non c’è differenza tra il mondo reale e quello digitale, – ha aggiunto – e gli algoritmi non sempre sono oggettivi e non possono risolvere i problemi come può farlo l’uomo”.
Un linguaggio semplice il suo, privo di paroloni da scienziato, per spiegare come la società digitale inevitabilmente interagisca con quella personale. E lo fa nei vari ambiti della vita quotidiana trattati in maniera dettagliata nei capitoli del suo libro. Come quello del lavoro.
“Lavoro e tecnologia sono strettamente collegati. – ha detto – Oggi gli algoritmi fanno quello che prima facevano le persone. Il lavoro che verrà è diverso dal lavoro di oggi, per quello bisogna cambiare l’idea della formazione. Dobbiamo essere coscienti della tecnologia in modo da non essere tagliati fuori da tutto il processo”.
Il professore ha parlato dei social network, della privacy, della manipolazione dei dati e di quella politica, o di Cambridge Analytics, con una serie di esempi concreti che riguardano la vita di ognuno, dal più grande al più piccolo.
La vita di chi usa o pensa di usare poco la tecnologia, così come di quelli che la conoscono così bene da utilizzarla per un proprio tornaconto.
Diversi gli spunti di riflessione, anche filosofici, venuti fuori dai ragionamenti fatti insieme a Talia, che si è battuto particolarmente durante l’evento nel sottolineare quelli che sono i diritti umani.
E di come anche un uomo solo possa cambiare le cose, facendo riferimento a Max Schrems, l’attivista per la privacy che ha denunciato all’Authority irlandese il social network Facebook perché trasferisce i dati degli utenti europei nei server americani.
Un evento interessante che ha posto al centro dell’attenzione l’evoluzione dei tempi, suggerita per di più dall’esposizione curata di oggetti antichi di uso comune, ma con la consapevolezza che concetti come moderazione e buon senso non hanno né età né una fine.