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Gioia, si conclude la vicenda Alessio-Mazzacuva. Il sindaco: «Contento ma resta l’amarezza»

Ci sono voluti tre anni e poco più per porre fine ad una vicenda tanto assurda quanto incresciosa, che ha visto protagonisti il pentito di ‘ndrangheta, Pietro Mesiani Mazzacuva, e – suo malgrado – l’attuale sindaco di Gioia Tauro Aldo Alessio.

Il gip del Tribunale di Reggio Calabria Giovanna Sergi ha disposto l’archiviazione del procedimento per diffamazione a seguito della querela presentata da Aldo Alessio nei confronti del pentito Mesiani; querela che era scaturita dalla pubblicazione su alcuni giornali locali del contenuto di uno stralcio degli atti di un magistrato della DDA reggina, dai quali si sarebbe evinto, in maniera tra l’altro poco chiara, che Aldo Alessio avrebbe chiesto l’appoggio della famiglia Molè alle elezioni del 2001.

I fatti risalgono al 19 Gennaio del 2017 e sono parsi poco chiari sin da subito, quando qualche mese dopo lo stesso Mazzacuva inviava all’avvocato Giuseppe Macino, difensore di Alessio, una mail in cui prendeva le distanze da quanto riportato dai giornali e trascritto nel verbale del suo interrogatorio dal magistrato Roberto Di Palma dell’antimafia reggina.

«Non ho mai fatto dichiarazioni che lo riguardano [che riguardano Aldo Alessio, ndr], e non ho mai dichiarato di essere a conoscenza in maniera diretta o indiretta di rapporti fra Aldo Alessio e la famiglia Molè, né di essere a conoscenza di un incontro avvenuto tra Aldo Alessio ed il defunto Rocco Molè», scriveva Mazzacuva nella sua mail all’avvocato Macino.

Questa mattina in conferenza stampa il sindaco Alessio ha espresso soddisfazione per la fine della vicenda, insieme a tanta amarezza dettata dal fatto che l’episodio gli ha causato del malessere, essendo egli stato – ed essendolo ancora – un uomo che la ‘ndrangheta l’ha tenuta quanto più distante possibile dalla propria vita.

Le parole nel verbale del PM Roberto Di Palma e la mail di Mazzacuva

Le dichiarazioni in questione, contestate da Aldo Alessio, sono le seguenti: «[…] e tutti sono andati da Rocco a chiedere aiuto, sia Giorgio Dal Torrione che (incomprensibile) e Aldo Alessio logicamente». Una frase monca, da cui non si evince che Alessio abbia preso parte ad incontri con esponenti della famiglia di ‘ndrangheta Molè.

C’è poi la mail che Mazzacuva ha inviato all’avvocato Giuseppe Macino a chiarire la posizione del sindaco Aldo Alessio, del tutto estraneo alla vicenda. 

«Illustrissimo avvocato Macino sono Pietro Mesiani Mazzacuva, le scrivo in riferimento alla questione che vede associato il mio nome a presunte accuse rivolte al signor Aldo Alessio. Ci tengo a specificare che non ho alcun timore sulla querela che il signor Alessio ha presentato contro di me in quanto non ho mai fatto dichiarazioni che lo riguardano, o per meglio specificare, non ho mai dichiarato di essere a conoscenza in maniera diretta o indiretta di alcun rapporto tra il signor Alessio e la famiglia Molè, tantomeno di essere a conoscenza di un incontro avvenuto tra lo stesso Alessio ed il defunto Rocco Molè, o chiunque altro, familiare, affine o vicino alla famiglia Molè. Scrivo questo perché sono stanco che il mio nome venga usato per infangare una persona di cui io non so niente. Sfido chiunque a procurarsi i verbali integrali delle mie dichiarazioni e dimostrare il contrario di quanto le ho scritto in questa mail».

Le dichiarazioni di Aldo Alessio

«Il problema a monte è che quando i magistrati fanno delle indagini, devono possedere prove certe per poter procedere, altrimenti si rischia di fare un buco nell’acqua. Sia chiaro, la stampa deve poter accedere ai documenti delle inchieste, ma bisogna anche saperli dare: se un nome non ha legami con l’indagine a cui si sta lavorando, va fatto un lavoro di filtro e pulizia prima di girare alla stampa i documenti processuali. Se poi si da tutto in pasto all’opinione pubblica, allora il rischio è quello di creare forti dubbi. Quando è uscito l’articolo con le mie dichiarazioni, io mi trovavo fuori per lavoro; ho rilasciato qualche dichiarazione annunciando che al mio rientro avrei sporto denuncia nei confronti di questa persona che avrebbe lasciato intendere che io sia andato alla masseria dei Molè per chiedere l’appoggio della mafia in occasione delle elezioni comunali. Mi domando come una cosa del genere fosse possibile, dal momento che in quel periodo vivevo sotto scorta della Polizia di Stato, e non mi spostavo senza di essa. Ricordo che io quelle elezioni le ho perse. Ho quindi sporto querela nei confronti della quale il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione; mi sono opposto all’archiviazione ben due volte ma finalmente nei giorni scorsi il gip del Tribunale ha chiarito in modo inequivocabile che io con quella vicenda non avevo alcun legame. Rimane la pendenza con un altro pentito, Russo, nei confronti del quale ho presentato querela ma dall’ottobre del 2017 non ho avuto notizia alcuna. Aspetterò l’esito di quest’altra vicenda, ma una cosa è certa: quando avvengono queste cose il politico che viene in maniera ingiusta tirato in ballo, deve fare una sola cosa, sporgere querela nei confronti di chi lo accusa di fatti non veri, come ho fatto io e non hanno fatto altre persone.

Le dichiarazioni dell’avvocato Giuseppe Macino

«Era per noi doveroso convocare questa conferenza stampa oggi, alla luce della decisione di un magistrato. Lo è perché in maniera del tutto anomala è stato riportato il nome di Aldo Alessio in una situazione caratterizzata dall’equivoco, tanto nelle espressioni quanto nelle supposizioni. Tutto nasce a seguito di un articolo pubblicato da alcuni quotidiani, nei quali veniva riportato un interrogatorio reso al magistrato Di Palma dal pentito Mazzacuva, in cui si mettevano sullo stesso piano diversi soggetti politici, legandoli alla ‘ndrangheta. Abbiamo agito non contro i giornalisti, i quali si sono rifatti ad un atto ufficiale della Procura, e pertanto ritenuto attendibile, ma contro Mazzacuva il quale, appresa la notizia che Alessio aveva sporto querela nei suoi riguardi, mi ha inviato una mail che ho prontamente allegato agli atti della denuncia. Oggi dopo tre anni la vicenda si chiude, ma resta un enorme problema, che non è rappresentato da Mazzacuva o dai collaboratori di giustizia. Il problema riguarda i limiti della procura nella diffusione di notizie che ledono persone estranee a certe circostanze. Ai magistrati spetta l’esatto contrario, ossia tutelare i diritti dei cittadini».

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