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Gioia, Polistena e la sanità che fa acqua da ogni parte. Il racconto di Enzo Infantino

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«Mia mamma nei giorni scorsi a causa di una banale caduta dal letto si è provocata una sospetta lesione ad una costola. Così ha diagnosticato il medico di guardia. Il dottore dopo la visita ha consigliato, prima di ogni terapia contro il dolore, una ecografia da fare nel vicino ospedale di Gioia Tauro».

È così che Enzo Infantino, noto attivista e politico palmese, inizia il racconto della lunga notte negli ospedali della Piana, sua e della sua mamma, a cui nei giorni scorsi è stata diagnosticata una sospetta lesione di una costola.

«Non posso chiamare l’ambulanza, ci metterebbe molto per arrivare – prosegue Enzo Infantino – È estate ci saranno molte emergenze e in tutto il comprensorio della Piana ci saranno si e no 4 o 5 ambulanze. Decido, quindi, di accompagnare mia mamma al pronto soccorso indicatomi e con l’aiuto dei vicini di casa riesco a farla sedere sul sedile posteriore della mia automobile».

Sì, perché purtroppo nel nostro territorio succede anche questo. Succede che le strutture sanitarie della Piana non hanno abbastanza ambulanze, che i cittadini debbano organizzarsi da soli ed accompagnare con mezzi propri i familiari a sottoporsi a controlli e cure mediche.

Ma non è tutto.

«Arrivato dopo le 8 di sera al pronto soccorso di Gioia Tauro, la dottoressa di turno, quasi stupita, mi comunica che dopo quell’ora gli esami radiologici non possono essere effettuati aggiungendo che il medico di guardia avrebbe dovuto saperlo che l’orario per fare le radiografie è dalle 8 di mattina alle 8 di sera – racconta ancora Infantino – Devo andare all’ospedale di Polistena, mi dice. Non discuto sono concentrato su mia mamma e sul suo dolore. Corrò verso Polistena. Al pronto soccorso mi trovo di fronte ad una ventina di persone. Ho subito pensato che sarebbe stato complicato farle fare una radiografia in tempi brevi. La faccio registrare comunque, chiedo al dottore quanto tempo avremmo dovuto attendere per l’esame, la risposta è stata 4 ore. Ho pensato che saremmo tornati a casa verso le 2 del mattino se tutto fosse andato bene. 4 ore mi sono sembrate una enormità per far attendere su una sedia a rotelle e in condizioni sofferenti una persona anziana. Decido di riportare a casa mia mamma. È notte, non dormo, veglio su di lei. Ascolto il suo respiro e il suo dignitoso lamento».

«Questa mattina la porterò in una clinica convenzionata. Penso a come è ridotta la nostra Sanità pubblica commissariata da anni a causa del debito accumulato negli anni e che per risparmiare i vari commissari che si sono succeduti hanno chiuso un servizio alle 8 di sera provocando un accumulo di prestazioni nell’altro nosocomio con tempi biblici di attesa».

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