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Educare al rispetto e alla gentilezza: all’ITIS di Polistena una giornata di arte e riflessione contro la violenza di genere

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Non è normale che sia normale: alla violenza di genere non può esserci assuefazione.

L’ITIS “Michele Maria Milano” di Polistena ha voluto dedicare un’intera mattinata alla riflessione sul femminicidio e a tutte le pratiche subdole e criminose contro le donne. Non è stata una manifestazione rituale, ma un urlo variopinto, una mostra artistico-creativa, con il protagonismo studentesco.

La scuola si è tinta di rosso, ha intonato canzoni, ballato e recitato poesie e pièce teatrali contro la violenza.

L’articolato programma è stato messo in piedi dal Dipartimento “Challenged People”, coordinato dal docente Francesco Rizzo, anche in nome di una inclusività completa come antidoto contro l’esclusione, l’emarginazione e la violenza.

La Dirigente Scolastica, Simona Prochilo, ha pronunciato parole chiare: «A una parte della società tossica, pronta a puntare il dito contro le donne, sminuirle, accusarle di servirsi di scorciatoie o, peggio, di essere programmate solo per la vita familiare, è importante opporre la nostra piena autodeterminazione. Soltanto studiando e formandosi – ha puntualizzato la Prochilo – possiamo fare il salto di qualità definitivo, uscire dal cono della fragilità, dei pregiudizi e della violenza».

A corollario delle performance artistiche, vi è stato un dibattito, moderato dal docente Domenico Mammola, al quale hanno preso parte Vincenzo Chindamo, fratello della compianta Maria vittima di femminicidio di stampo ‘ndranghetista, Franca Ieranò, psicologa in prima fila nel supporto alle vittime, Espedito Calopresti, avvocato e referente dell’associazione Perseo che si occupa di contrasto a tutte le forme di violenza e assistenza legale.

Un momento di riflessione che si è integrato in una cornice ben articolata dalle docenti Emanuela Dangeli, Daniela Romeo, Alessandra Bagnato, nel quale si sono mossi studenti e interpreti come l’attrice Assunta Spirlì e la cantante Gloria Mallamace.

Tutto questo per costruire una metafora dell’ampio spettro delle violenze: da quelle apparentemente innocenti, al controllo, alla demolizione dell’autostima, fino alla dipendenza economica e alla brutale violenza che si declina anche nel terribile atto finale: il femminicidio. Il mondo della scuola, pertanto, ha fornito una risposta decisa al bisogno di attenzione sociale sul dramma della violenza di genere.

Non si abbassa la guardia, non si discrimina, ma soprattutto si apprende la grammatica delle emozioni, tra i banchi di scuola, per formare cittadine e cittadini capaci di opporre la gentilezza alla sopraffazione.

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