PALMI – E’ toccato ancora una volta al sovrintendente di Polizia Massimiliano Orrico, testimoniare dinanzi alla Corte d’Assise del Tribunale di Palmi (Silvia Capone capone presidente con a latere Gaspare Spedale) nell’ambito del processo “Cosa mia”, che prende il nome dall’omonima operazione condotta nel 2010 dalla Polizia.
In aula bunker ieri mattina, sono stati esaminati i colloqui avvenuti in carcere tra alcuni esponenti della famiglia Gallico ed i parenti in visita.
Si parte dal colloquio 26 ottobre del 2006, avvenuto nel carcere di Secondigliano dove era recluso Giuseppe Gallico che riceve la visita della figlia Italia Antonellae della moglie Maria Carmela Surace; Gallico attende un ” favore” ma il clima tutto intorno è teso, per via di alcuni avvenimenti che stanno per accadere in quel periodo.
Giuseppe Gallico attendeva delle dichiarazioni, a lui favorevoli, da parte del collaboratore di giustizia Gaetano Santati, in merito ad un omicidio. Il detenuto voleva che il figlio interrompesse la sua relazione con una ragazza di Seminara, per via del fatto che proprio in quel periodo, nel piccolo centro pianigiano, si stavano verificando fatti spiacevoli, che potevano mettere in pericolo la vita del figlio.
A raccontarlo è il sovrintendente Orrico, incalzato dalle domande dei sostituti della Dda reggina Roberto Di Palma e Giovanni Musarò, titolari dell’inchiesta.
Appena un mese dopo si ripete la stessa scena. Carcere di Secondigliano, Giuseppe Gallico riceve la visita della moglie e del figlio, Si parla questa volta dell’omicidio di Giovanni Bruzzise, capo della famiglia rivale, omicidio che i familiari della vittima avevano addebitato ai Morgante, imparentati con i Gallico.
E proprio in quel periodo, risulta dalle indagini della Polizia, i Bruzzise si erano allontanati da Barritteri per un duplice motivo: sfuggire ad eventuali rappresaglie e allo stesso tempo riorganizzarsi.
L’udienza è proseguita con l’analisi di altre intercettazioni in carcere.