Lo schema è lo stesso di sempre: una nave in partenza dal Sudamerica carica nei container contenenti frutta, o qualsiasi altra merce, grosse quantità di droga, e una volta giunta al porto di Gioia Tauro ci pensa la ‘ndrangheta a piazzarla sul mercato. Meccanismo consolidato ormai, che gli inquirenti provano a smantellare intensificando i controlli.
Da un’indagine condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro con il supporto dell’unità Antiterrorismo, sono scattati i fermi che questa mattina hanno colpito altrettante persone tra la Calabria e la Toscana, su input della Dda di Reggio Calabria. Oltre 150 i finanzieri coinvolti nell’operazione.
Questi i nomi delle persone coinvolte: Arcuri Domenico di Rosarno, Arcuri Marco di Rosarno, Auddino Michele di Melicucco, Bellocco Michele, di Rosarno, Ciocchetti Michelangelo, di Siderno, D’Ambrosio Enrico, residente a Ponte Buggianese (Pistoia), Favasuli Sandro, di Bova Marina, Grasso Domenico di Rosarno, Kalthi Dhimiter, residente a Massa e Cozzile (Pistoia), Novello Francesco, residente a Fucecchio (Firenze), Palumbo Vincenzo, di Gioia Tauro, Rodriguez Margarita Alejandra, nata in Colombia, Salazar Garcia Andrea, nato in Colombia, Scandinaro Salvatore, di Rosarno, Sorrenti Antonio, di Gioia Tauro, Talia Paolo, di Africo, Voto Vincenzo di Uzzano (Pistoia), Zavettieri Pietro Buonaventura di Reggio Calabria.
Tra i soggetti fermati, anche Bellocco Michele, accusato del coinvolgimento nell’importazione di centinaia di chili di cocaina dal Sudamerica.
Le indagini hanno consentito di smantellare un’organizzazione estremamente complessa, composta da soggetti vicini alle famiglie Bellocco di Rosarno, Molè-Piromalli di Gioia Tauro, Avignone di Taurianova e Paviglianiti. L’operazione ha permesso di infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che dei mancati guadagni: la droga complessivamente sequestrata, avrebbe fruttato oltre 100 milioni di euro una volta raggiunte le piazze di spaccio.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno consentito di dimostrare, ancora una volta, come i clan calabresi siano in grado di contrattare direttamente con i cartelli sudamericani, l’acquisto di grosse partite di droga; nel corso dell’operazione i militari hanno sequestrato al porto di Livorno 300 kg di cocaina e circa 17 kg di codeina, riuscendo anche a ricostruire un’ulteriore importazione da 57 chilogrammi di cocaina, oltre ai numerosi altri tentativi di importazione non andati a buon fine.
Ma la consorteria non si limitava alla sola redditizia cocaina. Le indagini hanno provato, infatti, come i sodali riuscivano ad ottenere lauti guadagni anche dalla compravendita di importanti partite di marijuana e hashish.
L’operazione antidroga ha dimostrato come ai trafficanti calabresi la droga veniva richiesta anche da soggetti insospettabili, quali commercianti e professionisti, che non disdegnavano di fare affari mediante l’acquisto all’ingrosso della cocaina.
L’inchiesta svolta dalle unità specializzate del Nucleo di Polizia Tributaria ha permesso di identificare complessivamente 32 soggetti, ognuno con un ruolo ben preciso: dai finanziatori ai mediatori, a coloro che avevano il compito di ospitare gli emissari dei narcos colombiani, più volte giunti in Italia.
Una macchina quasi perfetta, che curava le importazioni in ogni dettaglio, riducendo al minimo le comunicazioni e scegliendo accuratamente ove far giungere la cocaina. Non è un caso, difatti, che i narcotrafficanti abbiano deciso di far arrivare la parte più sostanziosa dei carichi di droga al porto di Livorno, potendo lì godere dell’appoggio, in particolare, di un soggetto di origini calabresi, emigrato in quella zona da anni, il quale è riuscito a costruire una vera e propria squadra di lavoro in grado di agire indisturbata nel porto, aprire i container, estrarre il prezioso carico e portarlo lontano da occhi indiscreti.