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Annunziata, i prodotti in vendita erano autentici

bucefalo

Quattordici testimoni sono stati sentiti nella giornata di ieri durante l’udienza del processo “Bucefalo”, celebrato davanti al collegio del Tribunale di Palmi, presieduto da Silvia Capone, contro l’imprenditore napoletano Alfonso Annunziata.

L’uomo è stato arrestato nel 2015 perché accusato di avere fatto fortuna grazie alla famiglia Piromalli.

Ieri è stata ricostruita la storia imprenditoriale di Alfonso Annunziata, partendo dagli anni in cui operava nei mercati fino alla costruzione del grande centro commerciale sorto allo svincolo autostradale di Gioia Tauro.

Tra i 14 testimoni sentiti in aula, c’erano alcuni dipendenti e gli amministratori giudiziari dell’azienda.
Con le domande poste a questi ultimi, i legali della difesa, Giuseppe Macino e Vincenzo Maiello, hanno fatto emergere che i prodotti che si trovavano all’interno dei punti vendita di Annunziata erano autentici e che l’azienda vendeva 400 mila prodotti con circa 480 ditte fornitrici. Sono state inoltre indicate le somme che quotidianamente venivano incassate dai centri di Gioia, Vibo e Lamezia. Molti dipendenti hanno sottolineato le capacità imprenditoriali e la laboriosità di tutto il nucleo familiare di Annunziata.

Nel corso dell’udienza è stato inoltre sentito il trascrittore delle intercettazioni telefoniche e il Tribunale ha deciso di valutare la nomina di un altro perito che si occupi delle contraddizioni tra ciò che è stato trascritto e ciò che sarebbe invece emerso secondo la difesa.

Nella prossima udienza saranno sentiti altri otto testimoni. Ieri in aula era presente Alfonso Annunziata, che è stato autorizzato ad assistere in condizioni di libertà e senza scorta. L’imprenditore è da pochi giorni agli arresti domiciliari, dopo essere stato in carcere dal giorno dell’operazione della Dda, scattata nel marzo del 2015.

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