Gli interventi della rubrica “Altalenando” sono curati dall’Adic, l’associazione donne insegnanti calabresi:
Il dossier presentato sabato 13 e domenica 14 su RAI 2 ha lasciato i Gioiesi che l’hanno seguito con l’amaro in bocca e con la terribile percezione che non ci sarà futuro diverso.
L’antefatto risale ai primissimi anni settanta quando i politici del tempo decisero che l’economia della Piana di Gioia Tauro doveva cambiare e trasformare la nostra terra da produttrice di frutti eccellenti e zona di commercio in continuo sviluppo in zona produttrice di acciaio con la costruzione del quinto centro siderurgico.
La popolazione fu stravolta da questo cambiamento, si pensò ad un salto di qualità sociale ed economico, ad una occupazione sicura per i propri figli, insomma ad un miglioramento in tutti i sensi del paese.
I politici manipolatori e ignoranti avevano dato alla popolazione gioiese l’illusoria idea di trasformare il loro paese in un centro ricco, progredito, dove sarebbero arrivati da tutte le parti d’Italia imprenditori pronti ad investire e a portare ulteriore ricchezza.
Il prezzo che avrebbe dovuto pagare Gioia Tauro, però, era molto alto, rinunciare alla sua terra, alle tradizioni, alla storia delle famiglie, al suo mare, alla sua pace.
Un gruppo abbastanza folto di abitanti di Gioia e San Ferdinando, capeggiati da due uomini intelligenti e lungimiranti, l’avvocato Valenzise e il marchese Coda Nunziante, si oppose alla costruzione di questo ecomostro, proponendo come alternativa il potenziamento dell’agricoltura e lo sviluppo del turismo a quel tempo ancora agli albori.
La lotta fu impari così si avviò l’industrializzazione di Gioia Tauro, ma il centro siderurgico da lì a poco divenne un’idea impossibile da realizzarsi, quindi si pensò ad un porto enorme, strategico nel Mediterraneo, dove avrebbero attraccato navi provenienti da tutto il mondo, con un retroporto ricco di aziende di ogni tipo con migliaia di dipendenti, con una ferrovia portata fino all’interno dell’area portuale, che doveva smistare le merci per tutta Italia. Si iniziò anche una urbanizzazione selvaggia, furono costruiti casermoni senza aree comuni, si formarono nuovi quartieri in periferia, che obbligavano i residenti all’uso dell’auto per qualsiasi bisogno.
Si cominciò a lavorare alla costruzione del porto. Bisognava innanzitutto creare il bacino e quindi distruggere ettari ed ettari di coltivazioni di agrumi ed ulivi di altissima qualità. Gli agrumi in particolare della zona Lamia erano eccellenti per il terreno sabbioso e la vicinanza dal mare, gli ulivi, maestosi e fieri per la loro imponenza, rappresentavano un baluardo per la città proteggendola dall’umidità dovuta ai due fiumi Petrace e Budello. Queste piante, anzi i nostri polmoni, questi profumi inebrianti della zagara in primavera, dovevano essere sacrificati così come il villaggio di Eranova, quieto raggruppamento di famiglie proprietarie tutte di piccoli appezzamenti di terra coltivata ad agrumi, con cui riuscivano a vivere dignitosamente dando ai propri figli anche la possibilità di studiare e affermarsi nelle professioni.
Oggi ci rendiamo conto che nessuno di quei sogni si è avverato. Il paese da allora ha iniziato la sua involuzione, piano, piano è stato depauperato di tutto ciò che lo caratterizzava, per fare spazio a costruzioni inadeguate alla sua morfologia. Ultimo esempio di scempio la demolizione della “Casa del contadino” in piazza Duomo, nel tempo diventata sede della pretura (poi trasferita a Palmi), della Posta e infine della Biblioteca comunale, dove spesso venivano ospitati gli “Amici della musica” per i loro concerti. Sede periodicamente ristrutturata in base a ciò che ospitava, con grande stanziamento di soldi pubblici. Oggi in quell’area sorge un palazzone che sovrasta sfacciatamente le altre storiche costruzioni e che dovrebbe essere l’Urbancenter della città, ma ancora non funzionante.
Le attività più fiorenti hanno smesso di produrre, non essendoci una politica interessata a facilitare commesse. Il commercio, fiore all’occhiello di Gioia Tauro, si è trasferito nelle periferie essendo ormai sviluppato quasi completamente nel genere alimentare e in negozi in franchise.
Anche le suore sono andate via, prima le Figlie della Chiesa, dolci presenze presso i poveri e custodi della chiesa di Sant’Antonio, poi le suore di Santa Giovanna Antida, educatrici per generazioni dei bimbi di prima infanzia.
Quello, però, che più mortifica tutta la comunità è sicuramente la partenza dei nostri ragazzi in cerca di lavoro verso il nord d’Italia o all’estero. I giovani più meritevoli e più preparati ci lasciano e si affermano in altre città. Non è sempre una scelta voluta, ma purtroppo obbligata.
RAI 2 ha presentato una città sporca, piena di spazzatura, dove facilmente e con indifferenza sono sorti inceneritori e depuratori. Senza accorgersene i gioiesi si sono ritrovati immersi nei fumi tossici, con il mare inquinato dagli scarichi del depuratore e i fiumi trascinatori di sporcizia. Al momento la zona di Gioia Tauro ha la più alta percentuale di malati di tumore di tutta la provincia.
Le strade sono dissestate poiché la manutenzione è trascurata da anni. Le piazze sono diventate campi di calcio per ragazzetti indisciplinati che non trovano altri punti di aggregazione per fare sport e tutto a discapito dei cittadini che imprudentemente siedono sulle panchine, aimè quasi sempre rovinate.
Il disordine impera nel paese, cominciando dalla viabilità, le macchine numerosissime sono posteggiate in modo anomalo intralciando lo scorrimento delle altre autovetture. I vigili urbani, pochi per i bisogni del paese, non sono disponibili per questo controllo.
Le attività culturali sono lasciate alle varie associazioni, numerose ad onor del vero, che svolgono questo importante impegno con grandi sacrifici e autofinanziandosi.
Rileggendo quanto ho scritto vedo un quadro desolante di Gioia Tauro, ma se è vero che nei tempi passati i gioiesi sono stati capaci di rendere questo paese il più armonioso, il più accogliente, il più progredito, il più prosperoso, il centro di una piana ricca di risorse, è giusto che oggi alzino la testa, opponendosi ad ulteriori offese al nostro paese, controllando le scelte che i politici faranno e soprattutto educando le nuove generazioni ad amarlo e far loro conoscere orgogliosamente il suo grande passato. m.a.