Sabato 18 marzo, presso il Tribunale dei minori di Reggio Calabria, ha avuto termine l’attività a cui l’Istituto “Nicola Pizi” ha aderito con convinta partecipazione: il progetto “Ciak….un processo simulato per evitare un vero processo”, percorso formativo sulla legalità suggerito dal Tribunale dei minorenni di Catanzaro, nella persona del giudice onorario Roberta Mallamaci, assistita dalla collega Annunziata Campolo.
Trenta studenti del Liceo Classico e Scientifico hanno creduto fino in fondo in questa attività, tanto da cimentarsi davvero come “attori” nella simulazione di un processo all’uopo predisposto dal Tribunale dei minori di Catanzaro.
Tra i tre copioni previsti per la simulazione, gli alunni del Pizi hanno selezionato il secondo, dal titolo “L’agguato”. Esso è consistito nella messa in atto di un processo simulato in cui gli alunni-attori hanno dovuto recitare ciascuno una parte specifica di un vero processo; vi sono stati, pertanto, l’imputato, il pubblico ministero, il presidente di Tribunale, i giudici onorari, il cancelliere, l’avvocato della difesa, l’imputata, l’assistente sociale, i testimoni e tutte le altre figure di contorno che sono necessarie affinché la macchina processuale possa mettersi in moto (assistenti tecnici, ufficiali giudiziari, forze dell’ordine).
Non è stato un copione facile: infatti, la sua tematica prevedeva la violenza “gratuita” perpetrata da un ragazzo, al momento dell’agguato, minorenne che, su istigazione della sua ex partner, colpiva in un’imboscata, procurando gravi lesioni fisiche e danni psichici, un giovane che si era infatuato della sua ex ragazza. E nell’ascolto dei testimoni a favore, ma anche contro, la performance è stata sublime, muovendosi tra i risvolti di una psicologia deviata della giovane imputata a seguito di una situazione familiare piuttosto disarticolata e violenta.
Non sono mancati i colpi di scena, dal momento che gli alunni hanno aggiunto delle parti – come le direttive del progetto consentivano – aggiungendo le testimonianze di due testi ulteriori ( compagni di scuola dell’imputata) da cui si potesse evincere la natura ora positiva, ora già predisposta a far del male della giovane imputata.
Ma, al di là della bravura degli studenti che sono riusciti a trasmettere molto pathos nelle loro singole parti, vivendo dal di dentro i loro personaggi, molto educativo è stato il percorso di formazione che essi hanno seguito.
Infatti, la finalità del progetto ampiamente perseguita, è stata quella di compiere, insieme agli studenti aderenti all’iniziativa, un percorso di educazione alla Legalità, per evitare che atti di bullismo possano in futuro trovare spazio nelle aule scolastiche, ma anche al di fuori di esse, proprio tra i giovani di questa delicata fascia di età qual è quella adolescenziale.
Il Progetto è stato posto in essere perché la dirigente scolastica Maria Domenica Mallamaci, ha intuito la novità della sua portata, non trattandosi delle solite lezioni o testimonianze sulla legalità, come avviene ormai nelle scuole da qualche anno, ma di un’attività che ha permesso praticamente agli studenti di confrontarsi con la macchina giudiziaria, che consente alla nostra società una corretta convivenza civile.
Con il porre al centro gli studenti, protagonisti delle vicende realmente vissute da terzi a loro sconosciuti, ma modificati in modo da essere rese fruibili ai giovani attori, si è reso vincente il Progetto medesimo ed il percorso che gli studenti coinvolti hanno seguito, guidati, nella preparazione della simulazione del processo, dalle docenti Marilea Ortuso e Maria Bonfiglio.
A supporto del percorso di legalità, il giudice togato Sebastiano Finocchiaro, in orario pomeridiano, si è reso disponibile ad incontrare gli studenti per spiegare le principali funzioni di un iter processuale, soffermandosi, in modo particolare, sulle figure presenti nel copione selezionato e introducendo gli allievi alla terminologia giuridica.
Presso il Tribunale di Reggio e, ancor prima dell’attività conclusiva nella vera aula del Tribunale dei minori, nei locali dell’Istituto, una sottocommissione, formata da due giudici onorari, Emma Scopelliti e Nicola Giordano, ha intrattenuto i ragazzi sul rischio del bullismo, sui danni psicologici che ne derivano, sulla labilità dei caratteri umani e sui rischi penali che, comunque, trattandosi di minori, non sono mai punitivi con detenzione carceraria, ma si esplicano nella permanenza, più o meno a lungo termine, presso le strutture apposite, le comunità dei servizi sociali che promuovono la rieducazione dei giovani, deviati da errori di percorso, attraverso attività di recupero, quali la scuola, la palestra, il volontariato ed attività di pubblica utilità per riparare al danno commesso.
Visitando la comunità presente accanto al tribunale dei Minori di Reggio, gli studenti hanno potuto esperire come funzionino le strutture che lo Stato pone in essere per facilitare il reinserimento sociale di soggetti ritenuti bisognosi di un percorso correttivo. Attraverso il cineforum, per esempio, il cui titolo “Siamo Stato noi” , col doppio senso del termine stato, quest’anno la comunità di Reggio annessa al Tribunale mira a trasmettere che lo Stato non è lontano dal cittadino, ma lo assiste con interventi esterni di magistrati, con corsi professionali di cucina, di ceramica, di fotografia, grazie a cui ogni minore può partecipare, relativamente alla propria vocazione, essendo lasciato libero di scegliere.
Solo sul posto gli studenti-attori hanno potuto concretamente realizzare le funzioni principali di una comunità ed il servizio sociale fondamentale che essa assolve: oltre a quello delicato di recupero, essa, infatti, trattiene i minori in via cautelare, per la messa alla prova, in esecuzione di pena e come misura di sicurezza.
Gli studenti, grazie al testo che essi hanno simulato e grazie alla visita alla comunità annessa al tribunale dei minori di Reggio Calabria, hanno realizzato come sia più facile vivere in piena libertà civica, rispettando gli altri, ma prima di tutto rispettando se stessi, astenendosi da atti di bullismo verso terzi e da violenza a se stessi con abuso di alcool e consumo di droghe.
Quanto mai attuali le parole del primo pedagogista Quintiliano: “ Plurimus ei de honesto ac bono sermo sit: nam quo saepius monuerit, hoc rarius castigabit” (inst. Orat. II, 2, 5).
A cura della professoressa Marilea Ortuso