HomeCronacaNaufragio di Cutro: «L'Italia sapeva che il barcone era a rischio»

Naufragio di Cutro: «L’Italia sapeva che il barcone era a rischio»

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Il Governo italiano «ha mentito» sul naufragio del barcone “Summer love” a Cutro lo scorso 26 febbraio (94 vittime accertate): sia Roma che i vertici di Frontex sapevano che quell’imbarcazione era in difficoltà quando era stata avvistata sei ore prima della tragedia da un aereo dell’Agenzia europea per le frontiere, «ma nonostante ciò hanno deciso di non intervenire ed in seguito hanno cercato di nascondere quello che sapevano».

È quanto si legge in un rapporto pubblicato da Lighthouse reports, un collettivo di giornalisti che opera nei campi della migrazione, clima, conflitti e corruzione.

Lighthouse spiega di aver ottenuto rapporti confidenziali di Frontex che rivelano come l’aereo della stessa Agenzia aveva riferito di «segnali di difficoltà» per il “Summer love” sia a Frontex che alle autorità italiane.

«Ore prima del volo – rileva il rapporto – gli operatori avevano avvertito di venti forti nel Mar Ionio. Frontex ha quindi individuato l’imbarcazione monitorando più chiamate telefoniche satellitari fatte durante il giorno dalle persone a bordo. Un resoconto dettagliato delle chiamate del pilota mostra che Frontex sapeva che si trattava di una possibile nave migrante, senza giubbotti di salvataggio visibili e con una significativa risposta termica da sottocoperta. Secondo l’ufficio stampa di Frontex, questo è un segnale della presenza di un numero insolito di persone a bordo».

Il maltempo, la mancanza di giubbotti di salvataggio e il sovraffollamento, evidenzia il rapporto giornalistico, «costituiscono segnali di pericolo per le regole marittime di Frontex e dell’Italia; tuttavia le autorità marittime non hanno avviato un’operazione di ricerca e soccorso. Dopo il naufragio, l’Agenzia di frontiera europea ha nascosto il fatto che il loro pilota aveva segnalato forti venti alla loro sala di controllo durante il volo di sorveglianza».

Gli avvocati di alcune delle famiglie delle vittime, conclude Lighthouse, «stanno progettando di portare il caso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sostenendo che l’Italia dovrebbe essere ritenuta responsabile della violazione irrimediabile del diritto alla vita dei migranti».

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