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Morte Bergamini: in aula il pm contesta al teste la posizione della vittima

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Nuova udienza, davanti ai giudici della Corte d’Assise a Cosenza, del processo sulla morte del calciatore del Cosenza Donato “Denis” Bergamini di Argenta (Ferrara), per il cui decesso, avvenuto il 18 novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico, è imputata per concorso in omicidio, aggravato dalla premeditazione e dai motivi futili, l’ex fidanzata dell’epoca Isabella Internò.

La prima ad essere sentita è stata Franca Giovanna Valerio che, insieme alla sorella, si trovava a bordo del furgone condotto dal cognato, Rocco Napoli, che transitò sul luogo della morte di Bergamini poco prima.

La teste ha detto di avere visto un giovane accanto ad una macchina di lusso e una ragazza bionda al suo interno.

«Il ragazzo – ha detto – aveva le braccia conserte ed era appoggiato alla macchina, aveva un maglione chiaro. La ragazza era seduta in auto. Il giorno dopo, parlando con mia sorella, ho appreso che c’era stato un incidente e che quel ragazzo che avevo visto era morto. Mia sorella mi disse che si trattava di un giocatore del Cosenza».

Il pm Luca Primicerio ha contestato alla teste precedenti deposizioni nelle quali indicava una posizione diversa di Bergamini.

Dopo è stata la volta di Mario Infantino, titolare del bar tavola calda nel quale Isabella Internò si fece accompagnare per fare delle telefonate. Infantino ha detto che «due persone entrarono, la ragazza era disperata e mi chiese dei gettoni per telefonare e di andare al bagno. Poi entrò un carabiniere che se la prese e andarono via».

A causa dell’età del teste e di alcune difficoltà di comprensione, perché affetto da presbiacusia, la Corte ha deciso di acquisire i verbali resi da Infantino nel corso degli anni.

Al termine dell’udienza, l’avvocato Fabio Anselmo, legale di per la parte civile per la famiglia Bergamini, ha parlato di un’udienza che mette in risalto come «la reazione di Isabella Internò sia a intermittenza e disperata a comando. Nella disperazione per la morte del fidanzato – ha detto l’avvocato – lei si preoccupava della Maserati e a chi dovesse andare dopo la morte di Denis. Questo tradisce il suo vero stato d’animo. Circostanze che non emergono solo oggi, ma anche con altri testimoni. Credo che quanto accaduto sia sotto gli occhi di tutti. A distanza di 30 anni ricostruire i minuti credo sia difficile, ma abbiamo gli atti ufficiali dei carabinieri che ci dicono che la chiamata per l’incidente arriva alle 19.30 e che nessuno dei presenti ha mai chiamato i carabinieri e non si sa chi li abbia chiamati. Inoltre, nessuno ci sa dire perché la polizia è sul posto. Evento scoperto grazie ad una foto dove viene riconosciuto un poliziotto, ma nessuno ne annota la presenza. Fatto decisamente anomalo. Andiamo avanti».

Si torna in aula il 2 febbraio prossimo. 

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