Non v’è dubbio che in Nicola Gratteri – procuratore della Repubblica di Catanzaro le cui radici calabresi rappresentano il tratto più limpidamente distintivo dell’uomo, prima che del giurista – convivano due anime: quella del magistrato nazional-popolare di lungo corso e quella del cittadino del sud arrabbiato col sistema che non riesce ad erogare servizi e che pertanto è necessario sferzare senza soluzione di continuità. E allora a Polistena per la rassegna della 25ª Stagione dell’antimafia ha sfoderato la solita verve da uomo pratico e soprattutto senza peli sulla lingua mettendo sulla graticola politica, giornalismo ed una certa indolenza della società civile. Intervistato dai giornalisti Michele Albanese e Raffaele Mortelliti ed introdotto dal sindaco della città Michele Tripodi e dal presidente del Goel Vincenzo Linarello ha usato il suo tono franco per sferzare, alla Gratteri-maniera, l’apparato amministrativo-burocratico di questo “nostro difficile Paese” per dirla con le parole postume di Piero Angela. Secondo il procuratore di Catanzaro il calo d’attenzione al contrasto del fenomeno mafioso sarebbe imputabile al “black-out” di certa stampa nazionale con in testa la Rai dalla quale «vorremmo avere una informazione più completa» e alla politica con le sue riforme non richieste – si legga Cartabia, nda – e alla mancanza di programmazione. E se l’attuale sistema formativo lo ha valutato come inadeguato e ritenuto alla strega di “fabbriche di disoccupazione” che non riesce a cogliere e tradurre in positivo i bisogni di sviluppo del mondo del lavoro ancora più male ha fatto ricordare Falcone e Borsellino a trent’anni dalle stragi del ’92 lasciati soli nel gorgo di responsabilità mai del tutto acclarate e che ebbero il supporto anche di pezzi “deviati” di Stato che invece li dovevano proteggere e sostenere. «Il potere vuole un popolo bue che si diverta e non pensi mentre qui non si è capito che se non si dà istruzione non si va da nessuna parte» ha sbottato. «Il problema è delle scelte che facciamo ogni giorno – perché – tutti noi possiamo concorrere al cambiamento magari non barattando il diritto per il favore. Possiamo contestare non solo votando ma anche e soprattutto prendendo posizione» ha spiegato Gratteri che ha invitato, ancora una volta, a occupare gli spazi di società sottratti ai mafiosi. Sulla legalizzazione delle droghe è stato tranciante, “i problemi sono altri”, mentre sul suo ruolo non ha avuto dubbi: «Il mio compito non è quello di tranquillizzarvi ma di svegliarvi con le scosse sotto la sedia» illustrando il grande lavoro di riorganizzazione degli uffici svolto a Catanzaro dal 2016 che ha innescato un processo di credibilità sfociato nella conquista della fiducia della gente. Ad avviso di Gratteri mancano rems e comunità terapeutiche per svuotare le carceri di persone recluse inutilmente e “di idee e obiettivi” alla politica oltre che di competenza per fare le riforme. In tema di contrasto alle mafie «i risultati fin qui raggiunti sono ragguardevoli ma non sufficienti: con le giuste modifiche al sistema giudiziario potremmo avere l’80% in meno di mafie in circolazione» ma, ha aggiunto, «il contrasto alle mafie non è una priorità della politica…». Sulla scelta della guida della PNA ha chiarito che «sono sicuro che Melillo la migliorerà, ha grandi doti di organizzatore, anche se io ho fatto più indagini di mafia di chiunque altro in Italia» e sulle imminenti elezioni politiche «non votate chi viene a dirvi che sistemerà vostro figlio». L’ultimo invito, poi, lo ha rivolto ai giovani sollecitati a resistere ed insistere per vivere in Calabria magari puntando su agricoltura biologica e turismo sostenibile mentre in chiusura si è concesso all’abbraccio del pubblico autografando il suo ultimo libro, Complici e colpevoli, scritto a quattro mani con il giornalista Antonio Nicaso.