GIOIA TAURO – “L’ignoranza e il bullismo psicologico regnano sovrani nel nostro territorio. Se la mia famiglia non mi fosse rimasta accanto a sostenermi e incoraggiarmi, le persone che mi circondavano mi avrebbero gettato in un profondo abisso di incertezze”.
Allegra, ironica, studiosa, adolescente e diabetica. Lei é Adelasia Barresi, una ragazza gioiese come tante che ha però imparato a fare i conti con una malattia scoperta a 12 anni che le ha indubbiamente cambiato le abitudini, il diabete.
“É stata una novità entrata prepotentemente a far parte della mia vita nel primo periodo dell’adolescenza”, ci ha raccontato Adelasia che in classe “si punge” costantemente.
“La mia vita si svolge come quella di tutti i ragazzi della mia età, – ha detto – non sono limitata nel fare ciò che mi piace, anche se a volte mi sento giù di morale per gli imprevisti che possono capitare, ma bisogna sempre rimanere tranquilli e prendere possesso di tutte le capacità intellettive senza farsi trasportare dai periodi no”.
Una volta scoperta la malattia Adelasia ha dovuto accettare di dover fare le punture d’insulina diverse volte al giorno. Non é facile per una ragazzina in un periodo già complicato della vita che in qualche modo porta a sentirsi diversi, speciali e non sempre in chiave positiva.
“Dopo un anno di punture ho deciso di prendere possesso del microinfusore, e questo è stato un grande passo per me, perché significava mostrare visibilmente uno strumento che indica la mia patologia. Si tratta di un aggeggino che ha la grandezza di un cellulare ed è collegato con un catetere ad un ago che rimane costantemente sotto la mia pelle”.
E quando in classe si sente un suono, un beep, il professore può stare tranquillo. Nessuno sta usando il cellulare. É il microinfusore di Adelasia entrato a far parte della quotidianità scolastica, per lei e per i compagni. Ma nn é sempre stato così.
Al contrario. In passato Adelasia é stata emarginata. Più volte ha voluto parlare della sua famiglia, indicata come sostegno morale potentissimo nella sua esperienza.
“Quel che voglio dire è che nessuno sceglie di avere una patologia, in questo caso il diabete, quindi non deve essere escluso o deriso, ma anzi compreso e aiutato e la famiglia gioca un ruolo importante nel garantire la serenità psicologica”.
“Se c’è una cosa che ho imparato in questo percorso, – ha aggiunto – è che non ci si deve vergognare di essere diabetico o affetto da qualsiasi altra patologia, perché ciò non può far altro che arricchire culturalmente chi ti sta affianco.
Il mio cammino da diabetica è stato positivo perché ho accettato a pieno la mia condizione ma non per tutti è così, forse per colpa della società che sta intorno ad un soggetto sensibile oppure perché non si accetta il cambiamento.
Vorrei dire a tutte queste persone di non mollare mai, di tenere sempre duro perché accettare e amare se stessi è il primo passo per amare la vita”.