Riceviamo e pubblichiamo:
Come di prassi il mese di gennaio è momento di programmazione e pianificazione operativa per il nuovo anno, ma scandisce altresì un tempo di indagini retrospettive da cui trarre conclusioni per la lettura – ovviamente si spera sempre edificante – dei bilanci su quello appena concluso.
Così, mentre è di qualche giorno fa l’informativa sui numeri, tutti in negativo, relativi al traffico passeggeri dell’Aeroporto di Reggio Calabria per il 2014, si attende per le prossime ore la comunicazione ufficiale con la quale Eurokai – la multinazionale tedesca che controlla Contship Italia – dovrebbe rendere noti i dati sull’attività 2014 di un’altra vitale infrastruttura per la nostra Regione e per tutto il mezzogiorno del Paese: il Porto di Gioia Tauro.
Le prime voci circolanti sembrano non lasciare spazio all’“effetto sorpresa”. Si parla infatti non solo di un arenamento del fenomeno di crescita del traffico container che si era registrato nel biennio 2012/2013, ma addirittura di una chiusura notevolmente a ribasso anche in raffronto all’attività del 2013, con una perdita che pare si attesti attorno al milione di Teu.
Una performance dunque desolante oltreché inaccettabile, per un’infrastruttura che di fatto non è mai riuscita a decollare e che continua a patire in quiescenza.
Ciò non perché essa manchi dei requisiti logistico-funzionali e strategico-territoriali idonei a farne un volano per l’economia del territorio in chiave commerciale ed occupazionale nonché un crocevia di eccellenza per la mobilità internazionale di merci e capitali.
Ad immobilizzarla è invece quella inerzia operativa e quegli ormai annosi traccheggiamenti decisori di una politica e di quei ruoli istituzionali che avrebbero dovuto sostenerne e incentivarne la promozione e lo sviluppo, e che più volte, in particolare nell’anno appena trascorso, si sono assunti impegni precisi per poi disattenderli, e fatto promesse che di regola sono rimaste, almeno finora, nell’aleatorietà.
Il 2014 infatti, ha visto il Porto di Gioia Tauro al centro di un serrato dibattito politico, sollecitato dalla necessità di pacificare gli allarmismi insorti per le operazioni di trasbordo del materiale chimico, di provenienza siriana, effettuate nel Porto lo scorso luglio. Un sacrificio questo che, a dire degli addetti ai lavori, non avrebbe arrecato pericoli né per l’ambiente nè per la popolazione locale, e a fronte del quale, la politica si è ufficialmente, in occasione di tavoli interistituzionali e non solo, a più riprese detta pronta a riconoscere e ripagare dando finalmente concretizzazione alle questioni tecnico-legislative e a quei provvedimenti determinanti per la rivitalizzazione del Porto e per dare garanzie sul futuro professionale del personale ivi impiegato, su cui ad oggi grava la scure di un futuro a rischio.
Ciò nonostante la tanto famigerata Zes che potrebbe dare fiato al Porto attraendo nuovi investitori rimane per ora un’utopia. Le agevolazioni e gli incentivi fiscali prospettati dal “Decreto del fare” del Governo Letta si sono rivelati un mero palliativo, e preoccupa il silenzio che sembra guidare in materia, almeno finora, l’Agenda del Governo Renzi.
Il Coordinatore nazionale dei Giovani di Confcommercio, Giuseppe Pedà, si appella al Ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, affinché «al Porto di Goia Tauro, a cui lui stesso in più occasioni ha riconosciuto un peso strategico per il Paese definendolo, assieme ai porti di Genova e Trieste, “uno dei punti di eccellenza per vocazione e posizione”, vengano apprestati, nel più breve tempo possibile, gli strumenti finanziari e legislativi per poter esprimere con fatti concreti e tangibili tutte quelle sue potenzialità finora coattivamente rimaste silenti».
«Si tratta peraltro», aggiunge Pedà, «di onorare i “debiti” che la politica ha da sempre con il Porto di Gioia Tauro e, ancor di più dopo aver chiesto ad esso, ai suoi lavoratori e alla popolazione del territorio, di prestarsi a delle operazioni delicate, difficili e rischiose come quelle di movimentazione delle armi chimiche siriane». «Un servizio questo», continua Pedà, «che l’informazione oggi ci dice essere costato al Porto la perdita immediata di circa 50 mila Teu, visto che in coincidenza di tali operazioni circa venti navi dirette a Gioia Tauro sono state indirizzate verso altri scali».
«Per rimediare a questa sottrazione», Pedà auspica pertanto «un’immediata azione governativa che trovi fattivi riscontri in atti che diano risposte risolutive ai numerosi ed impellenti nodi irrisolti. Come: l’istituzione della Zes, la realizzazione del gateway ferroviario, la revisione delle tasse d’ancoraggio, la previsione di bonus ed incentivi che favoriscano l’implementazione di progetti per la valorizzazione oltre che del porto anche del retroporto».
«Perché ciò si possa realizzare», conclude Pedà, «occorre un investimento di forze, di idee, di azioni e di capitali, che solo una politica proattiva e determinata ad eliminare le barriere fiscali e legislative che attualmente penalizzano irrimediabilmente l’operatività, la produttività e la crescita di questa infrastruttura, può garantire».