SAN FERDINANDO – Sebbene non si volesse far passare il concetto che il porto di Gioia Tauro sia il porto della ‘ndrangheta, è stata proprio la parola mafia quella maggiormente ripetuta durante il secondo appuntamento degli Stati Generali (guarda il video integrale), avvenuto questa mattina al comune di San Ferdinando.
Tutto questo per un duplice motivo. Intanto perché il tema della giornata era quello della sicurezza interna ed esterna del porto, strettamente legato quindi a quello della mafia in un territorio come quello in cui il porto è situato. E l’altra ragione riguarda la presenza in sala di ospiti che di questo si occupano quotidianamente.
Erano infatti presenti il Prefetto di Reggio Calabria Vittorio Piscitelli, il Procuratore capo di Palmi Giuseppe Creazzo, Michele Prestipino, Procuratore capo Dda di Reggio Calabria, Guido Longo, Questore di Reggio Calabria, Lorenzo Falferi, Comandante provinciale di Reggio Calabria e Claudio Petrozziello, Comandante provinciale Guardia di finanza.
Particolarmente significative le parole di apertura dell’europarlamentare Pino Arlacchi, che ha moderato l’incontro, arrivate dopo i saluti istituzionali del sindaco di San Ferdinando Domenico Madafferi.
“La ‘ndrangheta c’è, è fuori dubbio, – ha detto – Ma ci siamo anche noi”.
Ed è su questo concetto che si sono snodati gli interventi successivi, partendo dunque dal presupposto che chiaramente il porto non è fatto solo di questo e che, per combattere il fenomeno mafioso si fa tanto e ogni giorno.
“Le problematiche sulla sicurezza, – ha detto a tal proposito Piscitelli – non devono avere il sopravvento sugli scenari di crescita del porto. È l’incremento del livello di sicurezza infatti a rappresentare un valore aggiunto nello sviluppo”.
A catturare totalmente l’attenzione del pubblico sono stati poi Creazzo e Prestipino.
“Il porto di Gioia Tauro sorge su uno dei territori a più alta densità mafiosa. – ha esordito il Procuratore della Repubblica di Palmi – E questo già si sapeva quando venne costruito. Le cosche della Piana riuscirono tramite appoggi politici ad accalappiarsi i relativi appalti, arricchendosi sia in termini di soldi che di potere”.
Chiaro dunque il riferimento alla zona grigia che consente ai mafiosi di espandersi.
“Ma i risultati della magistratura e delle forze dell’ordine sono sotto gli occhi di tutti. – ha aggiunto – E l’azione costante e intensa permette di fare spazio agli imprenditori onesti”.
17 gennaio 2011. Da questa data è invece iniziata la relazione di Prestipino. “Data in cui il porto di Gioia Tauro è rimasto fermo per la prima volta dalla sua nascita, – ha spiegato – per ben 30 ore. Nessuna nave in entrata o in uscita. Segno tangibile di un momento difficile”.
E ha parlato anche di numeri il Procuratore, spostandosi su un argomento che maggiormente gli compete. “Tra gennaio 2009 e marzo 2011 sono stati effettuati 7 sequestri di cocaina, circa 2mila chili. – ha aggiunto – Da marzo 2011 ad oggi invece, i sequestri sono stati 32. Una media di più di uno al mese e per un totale di 2900 chili”.
Rimarcando poi il concetto secondo il quale “il mafioso attraverso l’imprenditore realizza quella condizione imprescindibile per la propria sussistenza”, Prestipino ha concluso dicendo che “chi ha a cuore le sorti di questa terra, deve sapere quali sono le criticità per capire quale dev’essere la risposta”.
Un’attenta analisi sui sequestri di cocaina nei porti in Italia e all’estero, è stata invece portata avanti da Roccantonio Burdo, dell’Agenzia delle dogane.
“I sequestri al porto di Gioia Tauro, sono meno del 5 per cento rispetto al resto dell’Europa. – ha detto – I sistemi di sicurezza di Gioia Tauro sono superiori agli altri porti. Ma quando i sequestri si fanno all’estero, la parola mafia non risulta da nessuna parte, mentre qui il riferimento è subito chiaro”.
Analisi rivista subito dopo da Filippo Veltri, direttore ANSA Calabria. “Noi abbiamo bisogno di una rappresentanza della Calabria normale. – ha esordito – Al di là delle percentuali di cocaina sequestrate, dobbiamo ragionare sapendo che Gioia Tauro si trova in un’area particolare. Si è verificato un salto di qualità della criminalità così come di chi combatte per distruggerla. Ma se non si riempie il vuoto tra Stato e antistato non si arriva da nessuna parte”.
Di “rapporto sinergico tra le istituzioni” ha invece parlato Falferi, dopo Longo, e seguito da Petrozziello. “Se il porto fosse in mano alla ‘ndrangheta, – ha detto il comandante della Guardia di finanza – non avrebbe nessuno a cui succhiare il sangue”.
Coinvolgenti poi gli interventi di quattro giornalisti avvenuti quasi a fine incontro. Si tratta di Enrico Bellavia, “La Repubblica”, Arcangelo Badolati, “Gazzetta del Sud”, Francesco Verderami, “Corriere della Sera” e Nino Amadore, “Il Sole 24 ore”.
A chiudere l’incontro sono stati infine il Comandante in seconda della Capitaneria di porto di Gioia Tauro Antonio Lo Giudice, che ha dettagliatamente illustrato le normative antiterrorismo applicate dal porto di Gioia dopo l’11 settembre, e Jonathan Lucas, direttore Unicri.
Eva Saltalamacchia